Proposta per le ‘Fabbriche Recuperate’
PROPOSTA DI SOSTEGNO AL RECUPERO DELLE AZIENDE
DA PARTE DEI LAVORATORI/TRICI
Le aziende italiane in chiusura o in via di dismissione a causa della crisi dovrebbero avere un trattamento di favore da parte dello stato: la priorità per la loro gestione va assegnata agli stessi lavoratori organizzati in cooperativa. Non possiamo aspettarci che investitori esteri o italiani, possano far sempre gli interessi dei lavoratori/trici locali.
17/12/2014
Premessa
Le Fabbriche Recuperate: ossigeno per l’economia italiana.
1. La gestione ‘privata dei mezzi di produzione’ delle aziende ha fallito clamorosamente con le conseguenze sociali ed economiche devastanti che sono davanti ai nostri occhi (Parmalat, Cirio etc.). In questo periodo storico si moltiplicano i casi di corruzione, spreco di denaro pubblico, che potrebbe essere impiegato proficuamente per creare le condizioni, per la ripresa economica e la garanzia a tutti i cittadini delle necessità basilari per vivere attraverso un lavoro o delle rendite per chi non può lavorare.
2. L’aspirazione a consegnare le aziende italiane nelle mani di un gruppo di investitori italiani o esteri, non ha dato, nel tempo i frutti sperati. Molte aziende italiane sono state derubate dei brevetti, dei macchinari in favore di produzioni delocalizzate di cui beneficiano altre popolazioni. Altre sono diventate di proprietà di aziende estere che non investono in Italia, ma derubano degli utili la popolazione locale. Deve essere data priorità alla proprietà dei lavoratori della stessa azienda e lo Stato, Regione, Provincia o Comune devono favorire tale transizione, un contributo per diminuire la disoccupazione.
3. La Globalizzazione Economica, l’apertura incondizionata dei mercati ha provocato la delocalizzazione di circa 36.000 aziende italiane all’estero, con circa 900.000 occupati.
Associata alle massicce importazioni, ha causato la distruzione del tessuto produttivo italiano con la chiusura di più di 370.000 aziende 100.000 esercizi commerciali e 270.000 aziende agricole.
4. Oggi per un singolo imprenditore è impossibile sostenere l’immane lavoro necessario per la buona gestione dell’azienda e non si può certo sostituire al lavoro dei singoli collaboratori / trici, nel rapporto di cooperazione subordinata, classico della impresa con dipendenti. L’impostazione autoritaria in questo settore non funziona più.
La visione della gestione co-operativa risolverebbe in un sol colpo queste problematiche.
Il fenomeno nato prepotentemente in Argentina dopo la crisi del 2004, definito dagli stessi lavoratori FASINPAT, ‘Fábrica Sin Patróne’, Fabbriche Senza Padrone, ha fatto capolino anche in Italia.
Abbiamo visto diversi casi in cui il datore di lavoro lascia l’azienda nelle mani dei suoi operai/ie, (…), il cui il titolare lascia in eredità la fabbrica ai suoi lavoratori/trici (…) e in altri casi in cui la fabbrica chiusa da una multinazionale, che lascia l’Italia per la troppa incertezza sui profitti, viene rilevata dagli stessi operai: ad es. la GresLab di Scandiano (Reggio nell’Emilia).
5. Vi è un fattore chiave necessario per la riapertura, il recupero e il successo produttivo, delle fabbriche da parte dei lavoratori: ripristino del tessuto socio economico locale o nazionale che permetta l’assorbimento dei loro prodotti.
Tale ambiente congeniale, per l’assorbimento dei prodotti di queste aziende cooperative, è costruito in stretto contatto con la popolazione locale che dovrebbe preferire i prodotti locali rispetto a quelli di importazione, anche nel caso questi fossero meno competitivi e meno performanti.
In effetti, nei prodotti di importazione, il prezzo non comprende mai i danni:
- sociali
- economici e
- strutturali
della mancata produzione, lavoro, reddito, tasse locali, per lo meno per quei prodotti che possiamo produrre localmente ad eccezione dei beni strumentali (tecnologie e macchinari per produrre altri beni).
Questa dovrebbe essere una ragione sufficiente per ispirare le persone a comperare i prodotti di queste aziende recuperate locali, tanto meglio se cooperative.
Proposta
Proposta per lo Stato ed Enti Locali per il riassetto del sistema economico e produttivo locale:
- Censimento delle aziende industriali, agricole, di consumo, servizi, in crisi
- Possibilità, da parte delle Amministrazioni Locali, di rilevarle a prezzi stracciati e consegnarle gratuitamente in mano ai lavoratori/trici organizzati in cooperativa
- Possibilità, da parte delle Amministrazioni Locali, di acquistarle e venderle a prezzo contenuto ai lavoratori/trici organizzati in cooperativa. Prestito restituibile in tempi ragionevoli a seconda delle possibilità dell’azienda.
- Per le Aziende che producono MATERIE PRIME: Recupero e Gestione da parte della Amministrazione Locale. La gestione dovrebbe essere attuata con il sistema “Né perdita, né profitto” per tenere bassi i prezzi delle materie prime e non creare inflazione.
- Trattamento fiscale agevolato per il primo anno di vita
- Accompagnamento gratuito della ristrutturazione amministrativa e produttiva in cooperativa.
- Istituzione di un fondo finanziario per aiutare la transizione dalla azienda dismessa, in via di dismissione, verso una gestione collettiva della medesima, sotto forma di cooperativa.
Benefici
- Può ridurre significativamente la disoccupazione
- Diminuirà il contenzioso tra Azienda, Sindacati e Governo nella stipula del contratto o contratti nazionali di lavoro
- Lo stato eventualmente non dovrà pagare la cassa integrazione per 3 anni ad un lavoratore che per legge non potrà lavorare o non produrrà nulla
- Renderà il lavoratore responsabile per il proprio destino economico
- Contribuirà ad una più razionale distribuzione della ricchezza
- Diminuirà la concentrazione della ricchezza in mano a pochi imprenditori, causa in genere di recessione e depressione economica poiché viene bloccato il movimento del denaro
- Massima utilizzazione delle potenzialità individuali, necessarie per lo sviluppo economico a 360 gradi
- Può dare nuovo impulso alla democrazia nel posto di lavoro (Democrazia Economica): partecipazione collettiva alle decisioni sul posto di lavoro e la proprietà collettiva dei mezzi di produzione.
In questo modo, il piccolo investimento del Comune, Provincia, Regione o Stato, diventerà un investimento produttivo e funzionale alla ripresa socio economica dell’area economica presa in considerazione.
Non sarà un investimento passivo, che grava pesantemente sulle casse dell’INPS e dello Stato in generale.
Tarcisio Bonotto Franco Bressanin
Istituto di Ricerca PROUT Istituto di Ricerca PROUT