WTO e Vantaggio Comparato – teoria di Ricardo di 200 anni fa.
WTO e Vantaggio Comparato di Ricardo
di Tarcisio Bonotto – 2006
Il principio del Vantaggio Comparato dell’economista David Ricardo, di 200 anni fa, è alla base delle politiche economiche del WTO. Il WTO inneggia a tale principio per la massima liberalizzazione del commercio internazionale, (TTIP e TPP compresi) attraverso il quale sono collassate molte economie di paesi in via di sviluppo e ricche. In effetti i vantaggi sembrano essere solo a favore delle multinazionali e banche internazionali. Il TTIP-CETA-TPP sembrano infatti l’estensione della trama del WTO imbastita per l’economia mondiale.
Ho cercato di addentrarmi nei meandri dei ‘principi e dei valori’ che hanno spinto il WTO a redigere 27.000 pagine di trattati e regolamenti sul commercio internazionale, dando inizio alla cosiddetta globalizzazione economica.
Per la semplice ragione di poter comprendere i motivi per i quali sia aumentata la forbice tra ricchi e poveri a livello mondiale, perché sia aumentata la disoccupazione locale e perché le promesse di un abbassamento dei prezzi, di moltissimi prodotti e un innalzamento del tenore di vita per tutti, paesi poveri compresi, non siano state mantenute.
Sono molti i paesi ad aver firmato le regole WTO nei suoi tre trattati principali TRIM, TRIP, GATT, nella maggior parte dei casi senza averle lette in toto, o averne compreso appieno l’impatto sociale ed economico per i singoli paesi. Accettate come ‘atto dovuto’ affermava l’On. Fassino, firmatario per l’Italia. Accettate senza dibattito, solo perché redatte da autorità USA e da un numero spropositato di multinazionali, o firmate da importanti paesi industrializzati, o perché ormai era già stato avviato il processo di globalizzazione e non si poteva rimanerne fuori?
Perché il libero commercio suggerito dal WTO? Uno dei ‘principi’ basilari del WTO, che trovate nelle pagine web del sito www.wto.org, è descritto come ‘vantaggio assoluto e vantaggio comparato’ per i paesi che decidono di scambiarsi le rispettive merci. In generale, secondo il WTO, il libero mercato dovrebbe portare automaticamente ad un arricchimento di tutti i paesi. Ma vediamone i contorni.
In particolare, il WTO propone la teoria di David Ricardo sul Vantaggio assoluto e comparato.
“Supponiamo che il paese A produce automobili meglio del paese B e che il paese B produca pane meglio del paese A. E’ ovvio (gli accademici direbbero ‘elementare’) che entrambi ne beneficerebbero se il paese A, specializzato in automobili e il paese B, specializzato in pane, si scambiassero i rispettivi prodotti. Questo è il caso del vantaggio assoluto.
Ma se un paese non è in grado di produrre bene nulla? Il commercio cancellerà tutti i produttori locali? La risposta secondo Ricardo è no e la ragione è nel principio del vantaggio comparato.
E dice che sia il paese A che B, possono ancora beneficiare entrambi anche se il paese A è migliore di B nel produrre tutto. Se il paese A è migliore nel produrre automobili e leggermente migliore nel produrre pane del paese B, il paese A deve continuare ad investire nella sua specialità, automobili, ed esportare nel paese B, il paese B deve investire nella sua specialità, pane, ed esportare nel paese A anche se non è così efficiente come A. Entrambi beneficeranno da questo scambio commerciale. Un paese non deve essere per forza il migliore nelle diverse produzioni per guadagnare dal commercio. Questo è definito come vantaggio comparato. (Allegato B)
Questa teoria è dell’economista classico David Ricardo. Una delle più comprese dagli economisti. Una delle meno comprese dalla gente comune perché questo concetto è scambiato con il ‘vantaggio assoluto’.
Si dice che qualche paese (paesi poveri – ndt.), ad esempio, non possa avere alcun vantaggio comparato in alcun settore. Questo è virtualmente impossibile”. (Affermano al WTO).
Vantaggio assoluto non sempre effettivo
Non è sempre vero che il vantaggio assoluto sia effettivo per entrambi i paesi. Nel caso in cui ciascun paese non produca i relativi prodotti, tutto torna. Un esempio il Mango o il Licci non si riesce a produrli in Italia e li importiamo. Esportiamo Alta Moda italiana, perché altri paesi non riescono, per ora, a crearla.
La tendenza naturale, comunque, è di produrre in loco tutto ciò di cui si abbisogna e che si può produrre. Esempio: Il riso Carnaroli di Verona, oggi non si esporta più in Giappone perché lì viene coltivato localmente. Così pure il Vialone Nano, coltivato in California.
Oltre a ciò i prodotti attualmente scambiati sono di nicchia e non risolvono in toto i problemi economici di un paese.
Molta della veridicità della proposizione di Ricardo, dipende dal livello di sviluppo del singolo paese. Dove è necessaria una produzione ad alta intensità di manodopera è di beneficio per l’economia locale produrre anche ciò che si produce in modo meno efficiente di altri paesi, per garantire una capacità di acquisto adeguata, l’utilizzazione massima delle risorse locali e il lavoro. Un esempio: il Burkina Faso. Si fabbricano aratri di legno per le coltivazioni locali. Sarebbe più efficente l’uso di un trattore, ma in quale contesto si troverebbe tale trattore? Rifornimento, riparazioni, educazione all’uso sono tali da richiederne la presenza? La produzione locale di attrezzi agricoli crea un indotto virtuoso, un utilizzo comprensibile, una maggiore fiducia nella bontà ed equilibrio del sistema.
Per il vantaggio comparato, l’affermazione è ancora più dissonante.
Supponiamo che nel paese B, produttore di pane, vi sia un minimo livello di produzione agricola. Se questo paese è meno efficiente nella produzione di automobili o trattori o attrezzature, dovrebbe smettere tali produzioni? Diremo di no, per il semplice motivo che il paese rimarrebbe agricolo e non potrebbe mai industrializzarsi. Il valore aggiunto di un’automobile del paese A è molto più alto rispetto al valore aggiunto del pane scambiato dal paese B? Ma sta di fatto che i prodotti agricoli dei paesi poveri non possono essere scambiati con i paesi ricchi e che i prezzi sono fissati dai paesi ricchi (proposta NAMA).
Certamente l’Italia è tra i migliori paesi nella produzione di moda, mentre la Germania è specializzata nella produzione di prodotti tecnologici. L’import/export, limitatamente a questi prodotti specialistici, è avvenuto anche prima dell’avvento dei trattati di libero scambio del WTO. La stessa cosa vale per le Ferrari italiane, che esportiamo. Questo esempio di vantaggio assoluto, ci dice: ciò che non è possibile o non si è in grado di produrre in loco può essere importato e fin qui nulla di male.
Quello che fanno discendere invece, dal concetto di ‘vantaggio comparato’, al WTO, è che si può importare di tutto, quindi commercio libero senza restrizioni, per ottenere comunque dei vantaggi per tutti i paesi. Una forzatura che ha in sé il germe della dipendenza economica per moltissimi paesi, compreso il nostro, ma soprattutto per quelli in via di sviluppo.
Oggi lo scambio di prodotti viene sospinto più dall’enorme differenza nei costi di produzione, molto bassi nei paesi in via di sviluppo, che da questione di efficienza produttiva ai medesimi costi.
Ricardo non faceva menzione dei prezzi dei prodotti commerciati, comunque si potrebbe stimare che parlasse di vantaggi tra due paesi a prezzi di scambio simili. Ma il liberismo economico ci dice che tutto può essere importato, non ci si limita ai prodotti specialistici, e quello che conta sono i minori costi di produzione, come ‘vantaggio comparativo’. Ma tale vantaggio diventa solo ‘virtuale’ per l’acquirente finale e molto importante per le multinazionali che vendono.
Questo aspetto fiabesco, raccontato ad hoc dai poteri economici internazionali, ricorda un detto dell’India: “i capitalisti vogliono mungere la mucca senza darle nulla da mangiare…”
I pomodori prodotti in Italia sono migliori di quelli prodotti in Cina, perché la produzione è controllata da leggi molto severe rispetto a quelle cinesi, perché non esportiamo inostri pomodori in Cina mentre sono quelli cinesi che invadono il mercato italiano? Quale vantaggio comparato abbiamo da questo scambio? I produttori di pomodoro italiani non producono più, aumenta la disoccupazione del settore, le industrie non lavorano più i pomodori. Lo svantaggio evidente è lo smantellamento di un settore dell’agro-economia che in Italia produceva reddito e occupazione. Quali vantaggi comparati? Chi importa pomodoro dalla Cina, si arricchisce enormemente. I prezzi di vendita al pubblico non sono molto diversi dai prezzi dei prodotti locali. Si sono rimossi centinaia di posti di lavoro e si è aumentato l’arricchimento di poche persone.
In questo mercato aperto vi è qualche cosa che ci sfugge. Quale vantaggio comparato possiamo avere dall’importazione di frutta e verdura dalla Cina? Fino ad ora si sono viste solo preoccupazioni: la CIA (Confederazione Italiana Agricoltura) afferma: Un milione di aziende agricole a rischio, per le importazioni dall’estero”. Settore tessile: 80.000 posti di lavoro a rischio. Settore metalmeccanico: 30.000 posti di lavoro in bilico…
Se questo è il risultato del vantaggio comparato, o il WTO non ha preso in considerazione tutti i parametri necessari perché vi siano vantaggi comparati per tutti, o eleggono Ricardo a loro baluardo, portavoce di un concetto vecchio, forse applicabile nel suo tempo, per proprie finalità: il libero mercato favorisce l’apertura di nuovi mercati per i poteri economici e finanziari forti. Nulla a che fare, sembra, con una politica di sviluppo equilibrato sia dei paesi poveri che industrializzati, e soprattutto di garanzia delle necessità basilari per tutti.
Il concetto del ‘libero scambio’ senza restrizioni avanzato dal WTO non dovrebbe discendere dal concetto del vantaggio comparativo di Ricardo, non si riesce in effetti, con questo, a giustificarlo.
Inoltre: questa semplice teoria del vantaggio comparativo, delineata più sopra, richiede diverse importanti assunzioni, per diventare vantaggiosa per i paesi in questione:
- Che non ci sia alcun costo di trasporto – Invece c’è e incide sia sull’ambiente che sui prezzi
- I Costi sono continui e non ci sono economie di scala
Ci sono non solo economie di scala ma soprattutto costi di produzione molto diversi - Ci sono solamente due economie che producono due beni Non siamo in questa situazione teorica
- La teoria presume che i prodotti negoziati siano omogenei (cioè identici) – Non è questo in caso
- Si presume che i fattori di produzione siano perfettamente mobili
Terra, (fertilità, piovosità etc) – lavoratori (capacità, qualità etc) non sono perfettamente mobili - Non ci sono tariffe o le altre barriere doganali – Sono state tolte dal WTO, perciò coincide
- C’è conoscenza perfetta, cosicchè tutti gli acquirenti e venditori sanno dove trovare i beni più convenienti a livello internazionale – Non sempre è vero, anzi non è normale ricercare sempre a livello mondiale il prezzo più conveniente, ci sono problemi di approvvigionamento, conflitti sociali, tempi di fornitura etc che ne impediscono il corretto espletamento (da http://iang.org/free_banking/david.html “La teoria del vantaggio comparativo”)
Detto questo possiamo prevedere che il rilancio del capitalismo mondiale attraverso i trattati di globalizzazione, non sia altro che questo: vantaggi solo per i poteri economici forti, multinazionali e grosse aziende nazionali, distruzione della struttura economico-finanziario-produttiva dei singoli paesi, aumento della disoccupazione locale.
Quindi globalizzazione dei vantaggi? No. Krtashivananda definisce questo evento globale una cospirazione delle multinazionali. Una cospirazione dei gestori della dissacrante alleanza WTO-FMI-BM.
Una cospirazione contro l’umanità, contro la gente che muore di fame nei paesi in via di sviluppo attanagliata dal debito e dalle calamità naturali. Con questo non affermiamo che la globalizzazione non sia un evento necessario, ma in una globalizzazione per tutti, le sue regole e le sue metodologie, dovrebbero essere totalmente in contraddizione con quelle attuali del WTO. Per semplificare, ora, le definiamo in due punti: Aree Socio-Economiche Autosufficienti, e applicazione della Democrazia Economica.
Se guardiamo all’allegato C – David Ricardo e Vantaggio Comparativo – potremmo ricavare dall’analisi delle assunzioni o requisiti per la veridicità della teoria, che le condizioni espresse non esistono sul campo. Si può dedurre che la teoria del vantaggio comparativo fatta propria dal WTO, non porta vantaggi a nessun paese se non a quello che ha la possibilità di esportare di più. Fatto riconosciuto che i fatturati di molte multinazionali superano di gran lunga i budget nazionale di molti paesi e poiché le multinazionali dettano le regole del commercio internazionale, non si può parlare di benefici evidenti per i singoli paesi interessati.
Cambieremmo così volentieri, i principi del commercio internazionale, del libero scambio, con alcuni fondamenti tratti dalla teoria economica PROUT, tra i quali elenchiamo:
- Ristrutturazione dei paesi in aree socio-economiche che abbiano omogeneità interna.
Spieghiamo: Gli inglesi hanno creato l’IRAQ, che comprende 3 etnie: Shiiti, Sunniti e Curdi. Questo causa all’nterno del paese profondi conflitti. La proposta è di includere gli shiiti in un proprio territorio, con l’Iran ad esempio, creare dei paesi in cui vi sia omogeneità etnica… L’Alto Adige è stato annesso all’italia, prima apparteneva all’Austria. La creazione di zone socio-economiche omogenee è il primo passo per la creazione di unità sociale e amministrabilità politica. - Creazione di Comunità Economiche omogenee: formate da paesi con simili livello di sviluppo, di potenzialità economiche, come la UE (a 15) ASEAN, etc.
- Ogni area socio-economica deve tendere alla autosufficienza economica
- Libero scambio tra zone-socio-economiche omogenee che si sono associate a formare una ZSE più vasta.
Verona – 2006