Agricoltura: Autosufficienza Produttiva e Unico Sindacato Agricolo
Agricoltura: Autosufficienza produttiva e un unico sindacato agricolo
dibattito in TV: di Tarcisio Bonotto
Il ‘peccato originale’ della crisi dell’agricoltura italiana è la “libera circolazione delle merci” imposta dalla globalizzazione economica e sancita dalla UE. Con la sola qualità dei prodotti non riusciremo a far ripartire l’economia italiana. E’ necessaria la AUTOSUFFICIENZA produttiva. Se ogni paese diventasse autosufficiente avremmo come risultato la massima occupazione. Se lo dicono gli economisti, perché non provarci?
L’invito era di Canale Italia 53, TV di Rubano in provincia di Padova, specializzata in dibattiti sui temi di attualità e televendite. E più attuale al momento sembra essere proprio l’agricoltura, perché da essa dipende la nostra alimentazione ed esistenza fisica…
Presenti come relatori due agricoltori, un nutrizionista, un agronomo, un sindacalista presidente del CopAgri, l’assessore all’agricoltura della Regione Veneto Giuseppe Pan e come pubblico una trentina di agricoltori e cultori della materia.
Il dibattito si è incentrato sui problemi che affronta oggi l’Agricoltura, da anni ormai sempre gli stessi, bassi prezzi delle materie prime alla produzione, prezzi dei prodotti alla distribuzione esorbitanti, aziende che chiudono per la concorrenza iniqua di paesi con più bassi livelli di retribuzione. Per fare un esempio importiamo dalla Cina dove la differenza salariale con l’Italia si attesta a 1 a 36.
Si è proseguito con l’elenco dei paesi da cui importiamo merci: Tunisia, l’olio a basso prezzo, ma non troppo controllato per la qualità, agrumi dal Marocco e oggi anche riso dalla Cambogia e dal Vietnam, dice la UE per aiutare quei paesi.
Il nocciolo del problema per Vanni Stoppato, agricoltore di Nogara, è l’obbligo in Italia di produrre soia non OGM, mentre i sindacati agricoli nulla dicono sulla soia OGM importata, con la quale si alimentano gli animali. Non solo molta di quella soia transgenica è presente anche nei nostri alimenti.
Giorgio Bissoli, contoterzista agricolo, e presidente dell’Ass. Azione Rurale, ha sottolineato il fatto che nelle borse merci locali i prezzi sono ‘costruiti’ dai sindacati agricoli e non sono sempre favorevoli agli agricoltori.
In pratica è emersa una situazione dell’organizzazione agro-industriale a dir poco selvaggia, ci sono delle regole, anche non scritte, ma vengono regolarmente stravolte. Un esempio: gli agricoltori piantano i pomodori, materia prima per diverse aziende italiane, ma queste impongono il prezzo solo dopo qualche settimana dalla piantumazione, gli agricoltori non possono tornare indietro e devono accettare il prezzo al ribasso. Quest’anno il prezzo del pomodoro è sceso del 25% rispetto all’anno scorso.
L’Assessore all’Agricoltura Pan, ha ribadito la necessità di attuare la politica della qualità dei prodotti per essere competitivi sul mercato, anche internazionale. Ha affermato che stanno recuperando la produzione della barbabietola. Al che si è scatenata la protesta di Vanni Stoppato affermando “avete venduto le quote delle barbabietole da zucchero a Germania e Francia e adesso volete recuperarle, perché non avete fermato la vendita?”. “Non sono stato io a venderle”, risponde l’assessore.
In effetti sarebbe stato opportuno, da parte della Regione Veneto, per lo meno protestare per la decisione dei sindacati agricoli di vendere le quote ed eliminare definitivamente la produzione della barbabietola da Emilia Romagna e Veneto, obbligare alla chiusura 3 zuccherifici, visto che una buona parte della produzione proveniva dal Veneto, causando perdite secche per investimenti sui macchinari e mancati guadagni.
Il sindacalista della CopAgri, Franco Verracina, ha elencato alcuni dati sulla chiusura di attività agricole, diminuzione della produzione, aumento della disoccupazione, ma ha puntato pure sulla qualità e sui controlli per salvaguardare il made in Italy.
Alcune delle soluzioni più quotate per la salvaguardia dell’agricoltura e dell’occupazione, da quanto è emerso, sarebbero la qualità, i controlli e la capacità di scelta del consumatore. Mi sono venuti parecchi dubbi su queste possibili soluzioni perché se ne parla da molti anni ma non si è vista ancora una inversione di tendenza. In questa crisi le persone pensano a sfamarsi e meno alla qualità…
Non vedendo spiragli per delle appropriate soluzioni, sono intervenuto affermando che dovremmo smetterla di pensare alla qualità dei prodotti e alle capacità di scelta del consumatore quando il ‘peccato originale’, la causa della crisi produttiva è un’altra. La Globalizzazione Economica con i suoi 3 trattati (GATT, TRIM, TRIP) stesi su 27.000 pagine introdotta in Europa dal 2001, con l’entrata dell’euro, ha aperto le frontiere ad ogni merce senza restrizioni alcuna, per il principio della ‘libera circolazione delle merci’. Ma con le merci provenienti da paesi con differenze salariali da 1-10 a 1-36 rispetto all’Italia, è impossibile competere e le nostre produzioni e aziende devono chiudere. Dal 2001 ad oggi sono sparite 270.000 imprese agricole, 114.000 solo nel 2013.
A questo punto dobbiamo delineare una via di uscita possibile e come Istituto di Ricerca PROUT la vediamo nella AUTOSUFFICIENZA produttiva italiana. Vale a dire “produrre localmente tutto ciò di cui abbiamo bisogno e che possiamo produrre per garantire a tutti le necessità basilari“.
Ciò significa che “non importiamo merci e prodotti che possiamo produrre in loco” pena aumento della disoccupazione. Se produciamo pomodori per il 100% del fabbisogno italiano, non importeremo pomodori, etc.
Ma aggiungiamo che abbiamo il diritto di nascita di “boicottare o buttare fuori dal mercato le merci e prodotti che non sono prodotti in Italia”, per la nostra sopravvivenza e per favorire l’occupazione locale. Non vediamo altre strade.
Il dibattito è proseguito con la proposta di Vanni Stoppato: “Chiudiamo gli occhi per un momento e pensiamo di avere in Italia un solo sindacato agricolo, i cui dirigenti siano eletti dagli agricoltori”, invece del dividi et impera delle 3 e più Sindacati Agricoli oggi presenti che sembra non lottino più a favore degli agricoltori. Infatti il loro budget proviene per il 10% dal tesseramento degli agricoltori e per il 90% da contributi istituzionali. Troppo comodo lavorare in questo modo.
In effetti l’attenzione dovrebbe essere spostata dalla divisione e lotta di natura politica dei Sindacati ai soli problemi economici delle categorie rappresentate.
Voi sapete che se le proposte sono razionali e incontrano il sentimento collettivo, la loro realizzazione è solo questione di tempo. Il Mazzini della Giovane Italia ha piantato i semi per l’Unità Italia, ma non ha visto la sua opera realizzata.
Può darsi che non la vedremo nemmeno noi un’agricoltura autosufficiente e una sola Federazione Agricola italiana, ma per lo meno proviamo a “piantarne i semi!”