Questione Immigrazione: proposta per un manifesto
Le molte sfaccettature dell’immigrazione
L’immigrazione ha molte sfaccettature ed è necessario analizzarle se dobbiamo mettere mano ad una politica di accettazione, integrazione, sostegno o rimpatrio ed espulsione.
Posto che le migrazioni nella storia umana sono state una costante nello sviluppo della società, e sostenuti dalla convinzione pratica che non esistono razze pure, perché l’intermixing delle popolazioni è avvenuto sin dai primordi, dovremmo dichiarare che ogni essere umano ha diritto di stabilirsi ovunque in questo mondo, come diritto di nascita, poiché questo pianeta è la proprietà comune di tutti gli esseri umani.
Tuttavia dal punto di vista della struttura socio-economica di ogni paese, della ricchezza prodotta, della gestione dell’economia, degli investimenti, della struttura del lavoro, vi sono degli equilibri che è necessario rispettare nel considerare l’impatto della popolazione fluttuante, di immigrati[1], rifugiati[2] o profughi[3] su tutti gli aspetti dell’esistenza della popolazione locale.
E’ doverosa una suddivisione razionale degli immigrati in lavoratori fluttuanti (che non si integrano stabilmente con la comunità locale), e profughi e rifugiati, migranti economici. Per ciò che riguarda i migranti economici si possiamo divide in due categorie: stabilizzati e fluttuanti.
- Gli stabilizzati o in via di stabilizzazione sono coloro che desiderano insediarsi, vivere in loco, crearsi una famiglia, creare o approfittare di opportunità di lavoro, integrarsi con la comunità locale.
- Nel secondo caso vi sono coloro che non ce la fanno ad integrarsi perché non riescono ad accettare usi e costumi del paese ospitante. In questo caso saranno costretti a lasciare il paese e ritornare nella regione di origine.
Quali sono le possibili ragioni di un minore o adeguato adattamento dei migranti alle condizioni del paese ospitante? Sarkar ne espone alcune:
“Il difetto psicologico [per l’adattamento] di una popolazione fluttuante è questo: le persone non riescono ad accettare la nuova località come casa propria, quindi non possono dimenticare la terra che hanno lasciato. Questo è il motivo per cui la velocità della loro integrazione e progresso socio-economico è più lenta di quella della popolazione locale”. (P.R. Sarkar)
La “Teoria dell’EST UMIDO”, di Sarkar potrebbe dare qualche altro spunto di riflessione del perché molti immigrati trovino difficoltà di adattamento: “… i rifugiati del Bengala orientale, zona secca, si sono adattati all’ambiente locale dell’EST India (umido), mentre i profughi del Bengala orientale, (zona umida) non si sono adattati al clima caldo secco di Dandyakaranya (Chattisgarh) nel Madhya Pradesh, [India Centrale]”. I rifugiati provenienti da zone secche sono lavoratori più forti dei lavoratori provenienti dalle zone umide…”
E’ interessante osservare che le popolazioni stabilitesi nella parte orientale dell’India, “Hanno liberato il terreno in certe zone, costruito villaggi e sviluppato mezzi di sussistenza stabili”. Molti di questi sono diventati parte integrante della popolazione locale.
Immigrati stabilizzati o fluttuanti?
Ci chiediamo, i lavoratori/trici immigrati/e che sono impegnati/e in agricoltura nelle aree del Sud Italia sono lavoratori/trici stabili che si vogliono fermare in loco e scelgono di integrarsi con la popolazione locale? Se così fosse le amministrazioni locali dovrebbero fornire loro i mezzi di sussistenza attraverso un lavoro, attrezzature e materiali per fabbricarsi una casa, facilitazioni per mandare i figli a scuola, etc.? Oppure è un lavoro mordi e fuggi, per poi ritornare al proprio paese con la remunerazione anche se misera? In questo secondo caso non dovrebbero essere accettate sul territorio italiano. Si spenderebbe molto meno aiutarli con solidi progetti nella loro regione di provenienza.
Questa domanda dobbiamo porcela se pensiamo che queste comunità possono portare dei nuovi geni (intellettuali e fisici) per mantenere il dinamismo sociale di una popolazioni in via di invecchiamento come la nostra, ma non solo, sarebbe un loro diritto potersi stabilire in altri paesi…
Dobbiamo sottolineare come nella maggior parte dei casi la popolazione migrante stabilizzatasi in Italia abbia coperto delle nicchie di lavori lasciate libere dalla popolazione italiana d’origine, in un momento di crisi epocale: i Bar sono stati presi d’assalto dai Cinesi, nella ristorazione sono occupati molti Sriilanchesi, i cinesi nel tessile, i tedeschi nella meccanica, etc. anche se in questi due ultimi casi potrebbe trattarsi di una forma di colonizzazione.
Quale può essere l’idea chiave, un principio fondamentale per gli insediamenti dei migranti nel nostro paese o per un loro eradicamento? La Germania ha scelto di accettare migranti altamente qualificati, soprattutto dalla Siria, ma vi son molti migranti di diversi altri paesi. La Germania ha accolto i migranti che avevano in qualche modo possibilità di trovare lavoro, a quali condizioni è tutto da vedere, ed espelle migrandi che non sono in grado di trovarsi lavoro.
Il principio generale riguardo la popolazione fluttuante o immigrata, secondo P.R. Sarkar, potrebbe essere proprio questo: “Una popolazione fluttuante dovrà unire i propri interessi socio-economici individuali con gli interessi socio-economici della regione [ospitante] o tornare nella propria regione”. (P.R. Sarkar – Pianificazione dello sviluppo). Ciò significa che se i nuovi arrivati contribuiscono come tutti allo sviluppo socio-economico della comunità in cui si sono innestati, allora possono essere considerati a tutti gli effetti “popolazione locale”.
Ristrutturazione socio economica del nostro paese
La struttura socio-economica in Italia è in parte collassata a causa della mancata preparazione ad affrontare le rigide regole europee e della Globalizzazione Economica. Se volessimo rimediare allo sconquasso socio-economico in atto e quindi poter accomodare rifugiati, profughi o migranti integrati in modo tale che per loro e nostro diritto, siano una risorsa invece che un problema, dovremmo porre mano alla ristrutturazione socio economica del nostro paese.
P.R. Sarkar analizza la presente economia capitalista “Centralizzata”, che non è in grado di risolvere questi problemi e propone come soluzione, seduta stante, un’economia “Decentrata”.
Nel Capitolo “Democrazia Economica” Sarkar spiega come: “nell’economia decentralizzata PROUT (Teoria della Utilizzazione PROgressiva), la produzione è in funzione del consumo e i requisiti minimi dell’esistenza saranno garantiti a tutti [alimenti, vestiario, abitazione, cure mediche, educazione, attraverso un lavoro o una rendita per chi non può lavorare]. Tutte le regioni avranno ampio spazio di sviluppare le proprie potenzialità economiche, quindi non sarà possibile avere i problemi di una popolazione fluttuante o del sovraffollamento dei centri urbani”.
Che cosa intende Sarkar per Democrazia Economica? “Il terzo requisito per la democrazia economica è che il potere di prendere tutte le decisioni economiche deve essere affidato alla popolazione locale. La liberazione economica è il diritto di nascita di ogni individuo. Per raggiungerla, il potere economico deve essere conferito alla popolazione locale. Nella democrazia economica la popolazione locale avrà il potere di prendere tutte le decisioni economiche, di produrre merci sulla base delle necessità collettive e di distribuire tutti i beni agricoli e industriali”. Inoltre: “Decentramento economico significa produzione per il consumo, non produzione per il profitto. Il decentramento economico non è possibile sotto il capitalismo, perché la produzione capitalista cerca sempre di massimizzare il profitto. I capitalisti producono invariabilmente ai costi più bassi e vendono ai profitti più alti. Preferiscono la produzione centralizzata, che porta a disparità economiche regionali e a squilibri nella distribuzione della popolazione”.
Oltre a ciò dovremmo ristrutturare le nostre relazioni economiche interne, secondo il quarto requisito della democrazia economica: “agli estranei deve essere rigorosamente impedito di interferire nell’economia locale. Il deflusso di capitali locali deve essere fermato impedendo rigorosamente agli estranei o ad una popolazione fluttuante di partecipare a qualsiasi tipo di attività economica in loco”.
Per meglio dire: “Nessun estraneo dovrebbe essere autorizzato a interferire negli affari economici locali o nel sistema di produzione e distribuzione, altrimenti si svilupperà una popolazione fluttuante, causando il deflusso di ricchezza economica dalla zona in questione. Se ciò si verifica, l’area diventerà vulnerabile allo sfruttamento economico esterno e l’economia decentralizzata sarà compromessa”.
Chi è cittadino del nostro paese?
Che cosa intende Sarkar per “estraneo”? “Le persone locali sono coloro che hanno unito i propri interessi socio-economici individuali con gli interessi socio-economici dell’area in cui vivono. Chiaramente, questo concetto di popolazione locale non ha nulla a che fare con la carnagione, la razza, la casta, il credo, lingua o luogo di nascita. La questione fondamentale è se ogni persona o famiglia abbia identificato i propri interessi socio-economici o meno con gli interessi collettivi dell’unità socio-economica interessata. Coloro che non l’hanno fatto dovrebbero essere marchiati come estranei”. Secondo questo principio persone residenti in Italia ma che non fanno gli interessi della comunità locale potrebbero essere considerate alla stregua degli ‘estranei’
Cooperazione in economia
Come incentivare la massima occupazione locale? Un suggerimento tra le tante azioni possibili: “Se viene data preferenza per il lavoro alle persone locali, la popolazione fluttuante non troverà impiego, ma questo è possibile solo in un sistema decentrato, non centralizzato come quello capitalista”. I capitalisti preferiscono una struttura socio-economica centralizzata (sia nella produzione che nella gestione).
Inoltre: “Il problema di una popolazione fluttuante e del lavoro degli immigrati non si verificherà nel sistema cooperativo, poiché i membri della cooperativa dovranno essere persone locali. I lavoratori fluttuanti non dovrebbero avere il diritto di essere soci delle cooperative”.
“Tutti i tipi di attività industriali dalle industrie chiave alle industrie artigianali, dovrebbero essere organizzati con la collaborazione della popolazione locale. Bisogna fare anche in modo che le imprese private vengano create dalle persone locali. Alle persone locali deve essere data la preferenza nel mondo del lavoro, e tutte le persone del posto dovrebbero essere impiegate localmente. Se viene attuata questa politica, non ci sarà lavoro in eccesso o in deficit tra la popolazione locale, e se molte persone provengono da aree esterne, non troveranno posto nell’economia locale. Laddove una popolazione fluttuante esiste in una particolare regione, il deflusso di capitali rimane incontrollato e lo sviluppo economico dell’area viene compromesso”. (P.R. Sarkar, “Decentralizzazione Economica”)
Un altro aspetto della degenerazione socio-economica è la totale carenza di pianificazione pro-attiva del territorio e delle attività dell’area. E’ un nuovo concetto delineato da Sarkar:
“La pianificazione economica pro-attiva riorganizzerà la struttura della popolazione su base scientifica fin da subito. Una popolazione fluttuante dovrà unire i propri interessi socio-economici individuali con gli interessi della regione o tornare alla propria regione di origine. Coloro che condividono un retaggio culturale similare e un potenziale socioeconomico uniforme potranno quindi ben radicarsi in ogni regione. I problemi socio-economici di ogni regione possono essere risolti sfruttando al massimo e distribuendo razionalmente le risorse e le potenzialità della regione stessa”.
Vantaggi della pianificazione a livello di blocco (comunale o per aree di circa 5.000 abitanti)
La popolazione di ogni unità socio-economica dovrebbe essere organizzata su base scientifica. Il problema di una popolazione fluttuante dovrebbe essere affrontato a livello di blocco (comunale) stesso. Dove c’è una popolazione fluttuante, questa dovrebbe essere stabilmente insediata o riportata nella sua regione di origine.
Questi alcuni spunti di riflessione sulle problematiche, ragioni e soluzioni della questione immigrazione, tenendo in dovuta considerazione sia le necessità umane di coloro che si spostano per cause naturali, politiche, sociali, guerre, etc. che la necessità della popolazione locale, di aver garantite le necessità basilari per vivere.
Riorganizzazione delle popolazioni e del loro territorio
Sarkar aggiunge una nota interessante sull’interazione tra etnie, razze, lingue di paesi diversi e la loro ristrutturazione.
Sarkar ha proposto il concetto delle Zone Socio-Economiche Autosufficienti, come struttura per la riorganizzazione delle popolazioni, non più su base politica, di nascita o di sangue. Questa vecchia classificazione oggi non ha più appeal e ragione di essere. Una popolazione dovrebbe essere più unita possibile e ciò sulla base di diversi fattori come l’etnia, la lingua, retaggio culturale, tradizioni, sentimento comune di appartenenza. Il territorio è l’area economicamente sostenibile dove tale popolazione può sviluppare le proprie potenzialità.
Se da una canto gli Ebrei, un tempo cacciati dalla Palestina oggi vogliono riprendersela, non si capisce perché alla popolazione Curda venga negato un territorio in cui possa sviluppare in pace le proprie potenzialità. Gli attuali confini medio-orientali infatti sono stati disegnati col righello sulla carta geografica dai britannici, non considerando i legami delle popolazioni ivi residenti. Ciò non ha fatto giustizia alle necessità collettive e al sentimento comune di tali popolazioni. Quindi potrebbe ben presto emergere questo nuovo indirizzo per il raggruppamento dei popoli, in regioni adeguate tali da garantire il pieno sviluppo delle loro potenzialità.
Crediamo che la soluzione ai problemi imposti dai flussi migratori incontrollati, allo sviluppo dei paesi di provenienza, allo sviluppo dei paesi ospitanti, possa essere meglio risolto tenendo in considerazione tutti questi fattori messi assieme. Si può iniziare a mettere mano ad alcune distorsioni nella gestione dei flussi migratori verso l’Italia e alle concezioni sentimentalistiche di “assoluta accoglienza” o di “assoluto rifiuto” dei profughi, rifugiati, e migranti stabilizzabili. Speriamo che questi spunti possano fornire una linea guida razionale per il successo della politica sociale sia per i paesi ospitanti sia per le popolazioni migranti stesse.
Tarcisio Bonotto
Questi spunti sono stati tratti da articoli di P.R. Sarkar, dal titolo:
Economic Exploitation of Bengal
Economic Democracy
East Wet Theory
Principles of Decentralized Economy
Cooperatives
Developmental Planning
Benefits of Block-Level Planning
AM Publications.
[1] Migrante: Chi decide di lasciare volontariamente il proprio paese d’origine per cercare un lavoro e condizioni di vita migliori. A differenza del rifugiato, un migrante non è un perseguitato nel proprio paese e può far ritorno a casa in condizioni di sicurezza.
[2] Rifugiato (o, più diffusamente, rifugiato politico) è un termine giuridico che indica chi è fuggito o è stato espulso dal suo paese originario a causa di discriminazioni politiche, religiose, razziali, di nazionalità, o perché appartenente ad una categoria sociale di persone perseguitate, o a causa di una guerra presente nel suo Paese, e trova ospitalità in un Paese straniero che riconosce legalmente il suo status.
[3] Profugo/profugo interno: Profugo è un termine generico che indica chi lascia il proprio paese a causa di guerre, invasioni, rivolte o catastrofi naturali. Un profugo interno non oltrepassa il confine nazionale, restando all’interno del proprio paese.