L’economia post Covid-19?
L’economia prossima ventura: un sogno che si avvera.
L’emergenza Covid 19, ci ha trovati impreparati per ciò che riguarda le forniture dei presidi medici necessari. Il trend della Globalizzazione Economica del WTO, è stato guidato da un mantra: importazione dei beni finiti da paesi dove il costo è più basso. La Cina ha fatto da padrone negli ultimi decenni, perché il costo del lavoro era molto basso, rispetto all’Italia, di circa 4-5 volte nel 2005[1].
Necessità di autosufficienza produttiva per ogni paese.
In caso di emergenze, calamità naturali o provocate dall’uomo, essere autosufficienti nelle necessità basilari, è una grande sicurezza. E’ come avere in casa una dispensa ben fornita che in caso di alluvioni, isolamento, catastrofi come Cernobil, etc., per lo meno ci permette di sopravvivere.
Che cosa succede quando dipendiamo da altri paesi per beni essenziali, siano essi alimentari, medicali, tecnologici, etc.? Abbiamo sperimentato all’inizio della pandemia la mancanza di mascherine, respiratori, camici etc. Ci siamo resi conto che la produzione doveva essere per forza locale. Molti imprenditori si sono dati da fare per produrre mascherine, (Fiat, Grafiche Venete…) in mezzo al caos più totale, per l’urgenza e per l’inesperienza.
Le forniture di mascherine dalla Cina tardavano, perché la richiesta mondiale era enorme.
Abbiamo capito che dobbiamo produrle in loco. L’allora commissario all’emergenza Domenico Arcuri, aveva promesso di acquistare dalla Cina 52 macchinari, da 300.000 pezzi/giorno, per la produzione di mascherine. Non si sa se il progetto è stato realizzato.
Immaginiamo che sia la Francia sia la Germania per una emergenza sanitaria agli allevamenti bovini non siano in grado di fornirci le quote di latte che riceviamo attualmente. Per crescere mucche da latte ci vogliono circa 3 anni, nel frattempo che cosa facciamo? Certo possiamo produrla artificialmente! Ma nell’immediato andremo in crisi.
Da qui la proposta di P.R. Sarkar, fondatore della teoria economica PROUT, che ci dobbiamo organizzare per ZONE Socio-Economiche autosufficienti (ZSE), per avere la massima sicurezza all’esistenza e allo stesso tempo la massima occupazione. Infatti i nostri economisti asseriscono che se vi è autosufficienza produttiva vi può essere massima occupazione.
Immaginatevi se l’Europa adottasse questi principi! La Grecia non avrebbe fatto la fine che abbiamo visto.
Secondo aspetto: ogni fabbrica una cooperativa.
Nella psicologia collettiva è sorta l’idea che le Multinazionali non fanno il bene del paese, e dobbiamo prendere in mano noi la nostra economia.
In particolare il Modello Preston[2] ribadisce che: “Il primo principio del modello Preston è che i servizi privatizzati costano di più e non danno nulla in cambio, un dogma che “spreca miliardi per sovvenzionare l’estrazione del profitto”. Quando i servizi vengono esternalizzati i costi salgono, i salari dei lavoratori scendono, e la differenza viene intascata dalle imprese globali che si sono arricchite in modo grottesco ripetendo questa formula in ogni città del mondo.
L’autorità cittadina ha sostituito le multinazionali, come il gigante francese dei servizi Sodexho, che aveva contratti negli ospedali e nell’università della città, con “cooperative di lavoratori create appositamente” per fornire lavanderia, catering e altri servizi.
La riduzione dei costi di “in-housing” di questi servizi ha permesso direttamente la creazione di 5.000 posti di lavoro e un aumento salariale del 15% per i dipendenti”.
Vi sono decine di aziende italiane che, acquistate da multinazionali, stanno per essere delocalizzate, portando via il Know-how e lasciando dietro di sé il deserto, disoccupazione e oneri per lo stato. Impensabile! Vi sono ancora vi sono eminenti economisti che chiedono di essere più competitivi per attrarre capitali e multinazionali, visto il cimitero di aziende che è stato creato! Uno dei lavoratori della GKN diceva: questi sono il vecchio!
Queste aziende in crisi, con l’aiuto di CFI, Cooperazione Finanza Impresa, società controllata e vigilata dal Ministero dello Sviluppo Economico nel cui capitale si trovano anche Invitalia, i fondi mutualistici di AGCI, Confcooperative, Legacoop e 317 imprese cooperative, potrebbero riportare il controllo dell’azienda nelle proprie mani, creando una cooperativa. Lo stato compra l’azienda in crisi, sotto forma di prestito, la consegna ai lavoratori, fornendo linee guida per la ristrutturazione.
Questo è il nuovo trend per l’Italia, per la ristrutturazione della sua economia, per la massima occupazione e la garanzia a tutti/e, perciò, delle Minime Necessità per l’esistenza e la pace sociale.
Siamo fiduciosi che questo passo porterà sempre più aziende, anche agricole, a produrre in cooperazione. E i benefici sono enormi. Guardiamo alle Cooperative Mondragon dei Paesi Baschi. Vi sono 40 studi internazionali che attestano come le coop Mondragon (200 cooperative con circa 90.000 soci) sono più efficienti delle rispettive aziende private! E sono indipendenti da qualsiasi cambio di governo!
Buona Cooperazione.
[1] https://www.forextradingitalia.it › Costo della vita
[2] https://www.theguardian.com/cities/2017/apr/11/preston-cleveland-model-lessons-recovery-rust-belt