ECONOMIA BILANCIATA
PRINCIPI DI ECONOMIA BILANCIATA
P.R.Sarkar
Ci sono tre ragioni principali per cui le città e gli stati in passato hanno perso l’equilibrio economico e sono decaduti dopo aver raggiunto l’apice della prosperità. In primo luogo, se la città o lo stato si sviluppava seguendo il corso di un sistema fluviale e il fiume improvvisamente cambiava direzione o si prosciugava, la sua economia ne veniva influenzata negativamente. In secondo luogo, se le industrie si allontanavano dai villaggi rurali, anche in questo caso veniva distrutto l’equilibrio dell’economia. La terza ragione era un sistema educativo difettoso. Se ci sono difetti nel sistema educativo rurale e nel sistema sociale, si perde l’equilibrio economico.
Per costruire un’economia sana il trenta/quaranta per cento della popolazione di una zona – né più né meno – dovrebbe dipendere direttamente dall’agricoltura. Se la percentuale è inferiore, l’agricoltura viene trascurata. Al contrario, se la percentuale è maggiore, l’agricoltura sarà messa a dura prova. Questo è esattamente quello che è successo in Ra’r’h[1] – e non solo in Ra’r’h, ma in tutto il Bengala, India, in Cina e nel Sud-Est asiatico. Per risolvere questo problema oggi è necessaria una nuova analisi socio-economica.
Nuova analisi socio-economica
Così come l’agricoltura dovrà essere basata su un sistema scientifico, anche l’industria dovrà essere organizzata in perfetta sintonia con l’agricoltura. Non è corretto in nessun caso che la percentuale della popolazione, direttamente dipendente dall’agricoltura, superi il quaranta per cento. Poiché le industrie rurali sono state distrutte, la maggior parte della popolazione che era impegnata in quel settore si è spostata verso l’agricoltura. Per un ambiente economico perfettamente equilibrato, è necessario che circa il trenta-quaranta per cento della popolazione dipenda direttamente dall’agricoltura, e circa il venti per cento dalle agro-industrie, il venti per cento dalle agrico-industrie, il dieci per cento dallo scambio e commercio generale e il dieci per cento dal lavoro intellettuale o dai colletti bianchi.
In India, le industrie dei villaggi sono state rovinate e coloro che dipendevano da queste da queste industrie si sono rivolti all’agricoltura. Mentre la percentuale di commercianti non è aumentata molto, le opportunità di ulteriore crescita sono diminuite. Inoltre, il numero dei colletti bianchi in cerca di lavoro è aumentato, con conseguente aumento della disoccupazione. I figli dei contadini rurali, che hanno avuto una minima istruzione, non sono più disposti a lavorare nei campi. Vogliono diventare i cosiddetti signori che prosperano sul lavoro degli altri. Considerano il lavoro agricolo inferiore. Di conseguenza, da un lato c’è una penuria di giovani istruiti in agricoltura e dall’altro un numero crescente di persone provenienti dalle industrie rurali in rovina che si è spostato verso l’agricoltura. Nelle zone rurali la percentuale della popolazione che dipende dall’agricoltura è salita al settanta o ottanta per cento. Che situazione insopportabile!
Per industrie non agricole (come le acciaierie, l’industria dell’ottone, l’industria metallurgica, le raffinerie di petrolio, l’industria del sale e i prodotti farmaceutici non vegetali) si intendono quelle industrie che non sono direttamente agro-industrie (come la produzione di picconi, asce, vanghe e trattori – Produzione di attrezzature e macchinari per l’agricoltura) e le industrie che non sono direttamente agrico-industrie (come i mulini per la farina, aziende per la juta, l’olio, le aziende di tessuti, le fabbriche di carta e di erbe medicinali – Aziende di trasformazione). La percentuale di persone impegnate in industrie non agricole dovrebbe essere formata riducendo la percentuale di persone che dipendono direttamente dall’agricoltura, dalle agro-industrie e dalle agrico-industrie. La percentuale di persone impegnate in industrie non agricole dovrà essere mantenuta entro il venti/trenta per cento della popolazione totale.
Se la percentuale della popolazione impegnata in industrie non agricole in un paese è inferiore al venti per cento, si dice che il paese non è industrialmente sviluppato. Il reddito pro capite della popolazione non può essere molto alto. Anche il livello di vita non può essere molto alto perché la capacità di acquisto della gente rimane molto limitata. A causa della bassa capacità di acquisto di beni di consumo, l’indice di importazione rimane sempre inferiore all’indice di esportazione, o in altre parole la zona deve rimanere un satellite di un paese sviluppato. Di conseguenza, l’equilibrio di potere nel mondo è messo in pericolo e la guerra è sempre possibile.
Se la percentuale di persone impegnate in industrie non agricole si mantiene entro il venti-trenta per cento della popolazione, questo è lo stato di un’economia equilibrata – una struttura socio-economica veramente equilibrata. Se la percentuale va oltre il trenta per cento, la zona diventa industrialmente sviluppata. Poi, più questa percentuale aumenta oltre il trenta per cento, più l’area diventa sovra-industrializzata.
Per procurarsi i prodotti agricoli, i paesi sovra-industrializzati cercano di accaparrarsi regioni o paesi agricoli produttivi e farne dei loro satelliti. Questi paesi sovra-industrializzati trovano anche necessario mantenere sotto il loro controllo i paesi industrialmente non sviluppati per usarli come mercato per i loro prodotti finiti.
Se non ottengono un mercato per vendere i beni di consumo prodotti nei loro paesi, soffriranno di depressione economica e crescente disoccupazione.
In questo senso non c’è differenza tra i paesi comunisti e non comunisti. Sono ugualmente aggressivi nel loro approccio. Cercano disperatamente il ka’madhenu. (Dhenu significa “mucca” e ka’ma significa “desiderio”. Il ka’madhenu è una mucca mitologica che dà tanto latte quanto ne richiede il suo padrone). Vogliono tenerla legata alla porta, nutrendola con la minima quantità di foraggio. Vogliono il massimo rendimento con il minimo investimento. Questo è il motivo per cui c’è così tanta psicosi da guerra e sciabolate nel mondo di oggi.
Bisogna fare degli sforzi affinché ogni paese del mondo possa godere di un equilibrio socioeconomico sia nell’agricoltura che nell’industria, altrimenti l’equilibrio socioeconomico del mondo è destinato ad essere distrutto. Le dannose conseguenze interne dell’iper-industrializzazione non solo colpiscono la salute personale, sociale e nazionale delle persone, ma precipitano anche in una graduale degenerazione psichica individuale e collettiva.
Può sorgere una specie di epidemia psichica che può avvelenare quasi tutte le espressioni della vita e distruggerle. Questo può non accadere oggi, ma sicuramente accadrà in un futuro molto prossimo.
Laddove il sistema industriale – le agro-industrie, le agro-industrie e le industrie non agricole – dipende da lavoratori esterni, ciò porterà ad una situazione estremamente precaria. La velocità della degenerazione psichica aumenterà rapidamente, e la gente dovrà affrontare la scarsità permanente di cibo. Ci saranno poche possibilità di espandere i mercati per i loro beni di consumo. Piuttosto, i mercati esistenti si contrarranno gradualmente.
Come esempi possiamo citare Howrah, Hooghly, 24 Parganas e Burdwan nel Bengala occidentale. La maggior parte dei lavoratori manuali in questi distretti sono forestieri, quindi la popolazione locale non sperimenterà mai un buon livello di vita. Per quanto questi distretti possano diventare industrialmente sviluppati o sovra-industrializzati, essi saranno seriamente colpiti dalle dannose conseguenze interne della sovra-industrializzazione, e non godranno mai di nessuno dei benefici dell’industrializzazione. Questo quadro miserabile può essere visto ogni mattina e sera nel distretto di Howrah.
D’altra parte, ci sono molte aree in India dove il novanta per cento della popolazione dipende dall’agricoltura. Non c’è nessun tipo di industria in queste aree. Sono aree di eccedenza di lavoro. In una struttura socio-economica equilibrata non esisterà né un surplus di lavoro né un deficit di lavoro. Una tale condizione non sarà mai permessa.
Il sistema agricolo dovrebbe essere strutturato come un’industria. Cioè, i prezzi dei prodotti agricoli dovrebbero essere determinati considerando fattori di base come il reddito agricolo, le spese e le necessità.
I contadini di Burdwan e Birbhum non devono essere costretti a vendere il loro riso a prezzi stracciati; i coltivatori del distretto di Hooghly non devono essere costretti a vendere le loro patate a prezzi molto bassi; e i contadini del distretto di Nadia non devono essere costretti a vendere la loro iuta a prezzi estremamente bassi per pagare i loro debiti.
6 aprile 1986, Calcutta
Shabda Cayanika’ – Parte 5
Sapete, in un’economia equilibrata ci dovrebbe essere un adeguato aggiustamento tra agricoltura, industria e commercio. Per esempio, una percentuale fissa di persone dovrebbe essere impegnata nell’agricoltura, un’altra percentuale fissa nell’industria e una percentuale nel commercio. Altrimenti non ci sarà equilibrio nella sfera socio-economica della vita.
Sfortunatamente non esiste oggi un tale equilibrio in nessun paese del mondo. Anche in paesi industrialmente avanzati come la Gran Bretagna non c’è una regolazione adeguata. Mentre l’Inghilterra è sviluppata, la Scozia è arretrata. Anche tra le contee dell’Inghilterra, alcune sono sviluppate e altre arretrate. Lancaster, per esempio, è molto sviluppata, ma lo Yorkshire non è sviluppato. Sussex, Essex e Kent non sono ugualmente sviluppati.
Nel Bengala alcuni distretti sono altamente sviluppati mentre altri distretti sono arretrati. La struttura economica non è adeguatamente bilanciata, e a causa di ciò la gente soffre. Per esempio, Calcutta, Hooghly, Howrah, Burdwan e 24 Parganas sono industrialmente sviluppati, ma i distretti vicini di Midnapore, Bankura, Birbhum e Murshidabad sono arretrati. Quindi bisogna cercare di portare una rivoluzione industriale nel paese. Proprio come c’è stata una rivoluzione francese, ci dovrebbe essere una rivoluzione industriale in Bengala.
Per questa rivoluzione industriale non dobbiamo dipendere dalle materie prime dei paesi stranieri. Ricordate che nessun paese dovrebbe dipendere dalle materie prime importate per lo sviluppo. Le materie prime indigene, cioè i materiali disponibili all’interno del paese stesso, devono essere usati per questo scopo. Coloro che amano la società – coloro che amano la gente del loro paese e sono desiderosi di portare la loro elevazione socio-economica – devono pensare in termini di una rivoluzione industriale basata sulle materie prime disponibili nella loro stessa unità socio-economica. I distretti del Bengala del Nord – Coochbehar, Jalpaiguri, Darjeeling e West Dinajpur – possono produrre e fornire abbastanza materie prime per lo sviluppo industriale. Dobbiamo utilizzare le materie prime disponibili.
Per esempio, il distretto di Coochbehar può fornire iuta e tabacco; il distretto di Jalpaiguri può fornire fibre di ananas; e il distretto occidentale di Jalpaiguri può fornire fibre di iuta. Il distretto di Madya può fornire mango, tessuti, seta, crusca di riso per produrre olio di crusca di riso commestibile, iuta e mais che possono essere usati per fare la carta. L’industria della seta di Madya può competere con successo con la seta cinese e giapponese, ma purtroppo Madya, che ha così tanto potenziale industriale, è il terzo distretto più povero del Bengala.
Queste cose dovrebbero essere fatte, e dovrebbero essere fatte in un breve lasso di tempo. Nessuna industria del Bengala dovrebbe dipendere da materie prime importate dall’esterno. Voi dovreste fare questa rivoluzione. Dovreste elaborare collettivamente piani e programmi e chiedere un tale cambiamento, una tale rivoluzione. Non ritardate.
17 settembre 1987, Calcutta.
[1] Rarh: zona del Bengala Ovest.