Salvatore A. Bravo • 24 gennaio 2021
Prabhat Ranjan Sarkar – Fondatore della teoria economica PROUT
La critica sociale ed economica al capitalismo deve defatalizzare l’economia rappresentata come una scienza neutra che governa i destini del mondo. Per mettere in atto pratiche di defatalizzazione è necessario operare una critica radicale, la quale deve usare prospettive e categorie plurime in modo che appaia “fortemente” il capitalismo nella sua verità. Il Prout è l’acronimo per Progressive Utilization Theory o Socialismo Progressista. È stato fondato e pensato da Sarkar[1] filosofo indiano che ha teorizzato una sintesi tra le pratiche filosofiche vediche e tantriche. Il Prout si connota come un neoumanesimo che prende atto degli effetti e dei fondamenti nichilistici del capitalismo per teorizzare un’economia che sia al servizio dell’essere umano e lo liberi dai rapporti di sussunzione formale e sostanziale. Per metter in atto tale processo, in primis, bisogna pensare l’economia nella sua verità umana troppo umana come affermerebbe Nietzsche. L’economia è posta dall’essere umano, pertanto non è immodificabile, ma riformabile anche in modo radicale. Contro gli assertori ideologici dell’economia come ipostasi, il Prout afferma la libertà e la prassi umana:
“L’economia di mercato capitalista pretende di essere libera da valori, una scienza oggettiva che descrive verità senza tempo, indipendenti da norme ideologiche e culturali[2]”.
L’economia che si erge quale assoluto indiscutibile è rappresentata dalla propaganda ideologica come una scienza neutra, il fine è di eternizzare il presente e passivizzare i popoli, la cui partecipazione è ridotta a scelte inessenziali, in quanto il destino è segnato dalla potenza “neutrale” dei mercati. Il Prout prende atto della violenza in atto e pertanto propone un modello alternativo metafisicamente fondato, in quanto per battere il capitalismo è necessario opporre “la verità” al nichilismo del valore di scambio.
Pramà
Per il Prout gli esseri umani e, non solo, sono l’espressione di un’anima cosmica, ogni vivente partecipa allo stesso principio che lo tiene in vita, per cui gli esseri umani sono una grande famiglia, e ogni strumentalizzazione dell’altro non è che violenza e negazione del principio primo che tutti accomuna. Anche gli animali non umani e le piante sono parte della vita cosmica, e quindi, sono meritevoli di cura e rispetto. Il Prout individua nel pramà un principio fondamentale, poiché tutti gli esseri viventi sono tra di loro in una relazione di interdipendenza e comunicazione. Ogni vita non può essere compresa senza porla in relazione con il tutto. L’approccio è di tipo olistico e si contrappone alla visione del capitalismo che taglia ogni vita umana e non solo dal suo contesto per ridurla ad individualità astratta da usare:
“Per descrivere questo rapporto di forze vibranti e mutevoli P.R. Sarkar ha introdotto una parola sanscrita, pramà, che significa equilibrio dinamico e contrappeso dinamico. L’interdipendenza e l’interrelazione di tutte le forme di vita è sorprendente[3]”.
Principi del Prout
L’approccio olistico consente di valutare responsabilmente la condizione umana, e specialmente di fondare razionalmente e spiritualmente il senso del limite: se ogni essere umano è in una posizione di interdipendenza con le altre vite e se partecipa allo stesso principio vitale, non ha il diritto di accumulare ricchezze ed averi che come ombre si estendono sulla vita delle comunità e dell’intero pianeta abbrutendola e negandola. I cinque principi su cui si basa il Prout sono riassumibili nel primo
“<<A nessun individuo deve essere permesso di accumulare alcuna ricchezza fisica senza il chiaro permesso o l’approvazione della collettività>>[1]”.
Il soggetto umano è parte attiva di una comunità, per cui ha il dovere etico di condividere e specialmente non può affermare la propria individualità senza relazionarsi al tutto mancherebbe al principio del parmà. Il disordine e la disarmonia causati dall’illimitatezza delle singolarità impedirebbe lo sviluppo delle capacità fisiche e metafisiche di altri esseri umani e danneggerebbe il pianeta. Il limite non è contro lo sviluppo dell’individuo, ma ne potenzia, invece, la capacità di aprirsi al mondo, alla vita e alla trascendenza, non a caso il terzo principio afferma:
<<Deve esserci la massima utilizzazione delle potenzialità fisiche, metafisiche e spirituali del corpo singolo e collettivo della società umana>>[2]”.
L’irrazionalità del sistema consumistico dimostra la sua verità mediante la distruzione dell’ambiente, delle collettività e specialmente con la solitudine generalizzata causata dalle singolarità “iperboliche” che mediante il consumo sregolato e fine a se stesso diventano “straniere” a se stesse ed alla vita.
Comunismo
Sarkar non accetta l’ideale comunista, poiché la centralizzazione dello Stato e la pianificazione dell’economia impediscono lo sviluppo e la responsabilità delle persone e delle comunità. Sarkar associa la centralizzazione dei regimi comunisti con il comunismo di Marx, il quale, invece, vuole realizzare lo sviluppo delle singole personalità all’interno di libere associazioni dei lavoratori:
“Sarkar non accettò l’ideale comunista. Malgrado Karl Marx fosse un umanista che ispirò i rivoluzionari a provvedere a tutti i bisogni di base della vita, Sarkar afferma che la filosofia comunista non era adatta alla psicologia umana. <<Servi secondo la tua capacità e guadagna secondo la tua necessità>>, suona bene, ma non è adeguato a motivare la maggior parte della gente. Centralizzando sia il potere politico che quello economico nelle mani dello Stato molti leader comunisti hanno sviluppato la convinzione che solo loro erano nel giusto. Questa arroganza, unita alla filosofia materialista secondo cui il fine giustifica i mezzi, ha avuto come risultato la tirannia del Partito Comunista[3]”.
Cooperative
Teoria e prassi nel Prout sono interconnesse, non a caso la prassi trova la sua realizzazione nelle cooperative, in cui i lavoratori non sono usati dal capitale e quindi, sono liberi dai rapporti di sussunzione materiale. Le cooperative non solo producono beni per il valore d’uso, ma specialmente hanno una valenza educativa, in esse si impara la collaborazione e la solidarietà:
“In queste cooperative è la forza lavoro che impiega il capitale e non viceversa, come succede nel capitalismo. Mettendo il potere decisionale nelle mani della forza lavoro, e quindi non più soggetto ai dettami del capitale, si restituisce alla gente il senso del proprio valore. Inoltre, al contrario del capitalismo, la produttività delle cooperative è misurata non sono in termini di risultati e redditi, ma anche in termini di sicurezza del lavoro e qualità dei rapporti umani[1]”.
Nelle cooperative e nella comunità il soggetto gradualmente si libera dalle pulsioni regressive della sua personalità per orientarsi verso un’intenzionalità solidale che lo emancipa dal suo egoismo:
“Un’educazione illuminata che sviluppa una mente razionale e si pone delle domande può essere l’antidoto a questi sentimenti limitanti, espandendo la nostra identità fino ad includere tutta l’umanità e provare dolore per la sofferenza di qualsiasi gruppo del pianeta[2]”.
Neoumanesimo
L’educazione è l’architrave dell’intero sistema del Prout e della sua visione filosofico/religiosa, per cui le cooperative devono gestire l’informazione per sottrarla alla manipolazione del potere del grande capitale che mediante la manipolazione solletica le pulsioni distruttive degli esseri umani:
“Il Prout propone che i mezzi di informazione siano sottratti al controllo dei capitalisti e gestiti da cooperative aventi lo scopo di promuovere un’educazione popolare per tutte le età; favorendo la cultura, i valori umani cardinali e l’universalismo[3]”.
Il neoumanesimo del Prout si fonda su un movimento che parte dal basso, dalle identità locali per relazionarsi dialetticamente alle altre identità, non potrebbe essere diversamente, poiché la relazione è possibile solo tra identità che si incontrano. Il neoumanesimo non può che trascendere la grettezza dell’utilitarismo che annichilisce ogni ente, in quanto lo trasforma in mezzo per ottenere facili guadagni. La comunità educante con la pratica della solidarietà libera non solo dall’utile, ma anche dalle strettoie emotive del possesso:
“Il Prout riconosce il valore esistenziale di ogni essere vivente; questo valore supera il valore sociale o utilitaristico di un essere. Perciò ogni vita ha un potenziale spirituale che deve essere preservata e incoraggiata per quanto possibile[4]”.
Particolare ed universale
Nel Prout l’universale non nega il particolare, anzi non vi può essere vita degna di essere vissuta che nella tensione positiva tra particolare ed universale. I localismi e le identità culturali non sono chiusure all’alterità, ma la precondizione per il dialogo e per la prassi sociale ed economica. L’identità culturale è un paradigma con cui i popoli possono giudicare i nuovi modelli imposti dalle oligarchie e solo attraverso tale movimento concettuale è possibile la rivoluzione. I popoli senza identità non hanno categorie per capire e resistere all’avanzata del capitalismo assoluto:
“Il Prout dà grande importanza all’espressione di ogni cultura locale e promuove l’orgoglio per la propria cultura e il proprio modo di vivere. Nel corso della storia ogni movimento rivoluzionario riuscito ha avuto una componente culturale. La musica, l’arte, il teatro e la letteratura possono ispirare la gente a lottare e a sacrificarsi per il benessere della propria regione e del proprio paese[1]”.
In un momento storico, in cui la speranza sembra persa è fondamentale conoscere le resistenze alla globalizzazione finanziaria, in quanto consente di percepirsi meno soli, e questo può riattivare la razionale passione per la prassi. Attualmente non pochi proutisti sono impegnati ad organizzare seminari, materiali e siti per diffondere la consapevolezza che un altro mondo è possibile, per cui nel silenzio generale vi sono forze che agiscono per il cambiamento, benché sembri che nulla stia mutando.
Referenze
[1] Prabhat Ranjan Sarkar (Jamalpur, 21 maggio 1921– Calcutta, 21 ottobre 1990)
[2] Dada Maheshvarananda, Dopo il capitalismo, Proutist Universal Edizioni Sole D’oriente, 2012 pag. 47
[3] Ibidem pag. 57
[4] Ibidem pag. 72
[5] Ibidem pag. 74
[6] Ibidem pag. 70
[7] Ibidem pag. 102
[8] Ibidem pag. 53
[9] Ibidem pag. 179
[10] Ibidem pag. 159
[11] Ibidem pag. 183