Progetto Salute, Alimenti e Territorio della Provincia di Verona
Dott. Daniele Degl’Innocenti.
Università degli Studi di Verona
La nostra specie, separatasi dalle scimmie da circa 6 milioni di anni, ha iniziato a cibarsi di carne in modo consistente circa 2,5 milioni di anni fa. L’utilizzo del fuoco diretto per la cottura della carne risale “soltanto” a 200.000 – 150.000 anni fa, mentre l’agricoltura e l’allevamento hanno circa 10.000 anni.
Il risultato è facilmente identificabile con la nostra dentatura, data da incisivi a paletta perfetti per incidere la frutta e la verdura, da canini fatti non per uccidere ma per incidere cibi coriacei, da molari che funzionano da macine come negli erbivori, e da un apparato digerente che, in proporzione alla lunghezza de corpo, è più lungo di quello di un carnivoro ma più corto di quelle di un erbivoro.
Le prime innovazioni di reale rilevanza tecnologica in agricoltura, vengono applicate in modo consistente alla fine del 1800. Quindi, osservando la cronologia evolutiva e la nostra anatomia, non è pensabile che gli alimenti e le abitudini alimentari degli ultimi 150 anni, abbiamo modificato in misura sostanziale la nostra genetica. Il confronto tra le alimentazioni occidentali e quelle dei nostri avi indica chiaramente le macro diversità.
Tali tecnologie procurano all’umanità un’abbondante disponibilità di cibi che, nei Paesi industrializzati, ha permesso di superare l’incubo della fame. Purtroppo oggi, questo incubo è rimpiazzato dalla paura dell’obesità e delle patologie ad essa correlate, che nel complesso formano il “gruppo delle malattie occidentali” o “western disease cluster” (diabete di tipo 2, tumori, ipertensione e malattie cardio-circolatorie, Alzheimer e Parkinson).
L’affermazione di Michael Pollan “L’essere umano è perfettamente adattato ai regimi alimentari più diversi, con l’unica eccezione della dieta occidentale”, è crudelmente testimoniata dal fatto che popolazioni umane in salute, trasferite nei Paesi occidentali, sviluppano malattie cronico degenerative, sottolineando l’enorme importanza del cibo sulla salute nel lungo periodo. Purtroppo tutto ciò accade in qualsiasi parte del mondo quando gruppi umani raggiungono un certo livello di “benessere” economico. E’ in questo contesto che vengono acquisite abitudini alimentari “occidentali” e sono introdotti alimenti “convezionali” non più rispondenti alle capacità biologiche del nostro organismo. Così come è successo in Italia dove ci siamo lasciati alle spalle la “dieta mediterranea” e dove,a partire dal 2003, l’aspettativa di vita in buona salute è drasticamente diminuita (dati Eurostat): queste sono le prime generazioni che avranno uno stato di salute inferiore a quello dei propri genitori.
Questi dati assumono ancora più importanza in una popolazione che invecchia e deve farlo in buono stato di salute, sia per il singolo individuo sia per la collettività e la sua sostenibilità economica. Ciò è confermato anche dalle tendenze risultanti dai dati di consumo dei farmici nelle varie categorie di età, in cui si nota il differente andamento per i bambini da 0 a 14 anni in cui, ragionevolmente, le malattie cronico degenerative non hanno avuto il tempo di manifestarsi con decisione.
La scaduta qualità nutrizionale delle diete (troppo zucchero, troppo sale, pochissima fibra, ecc.), guidata dal vuoto culturale che si è creato in conseguenza al mancato passaggio generazionale delle tradizioni alimentari, è stata accompagnata da un’agricoltura industriale focalizzata sulle rese e l’aspetto visivo dei prodotti dimenticandosi completamente, negli ultimi 60 anni, della qualità funzionale, sanitaria ed etica degli alimenti.
Il questo contesto il riduzionismo della ricerca ha permesso di effettuare enormi progressi nella conoscenza della nutrizione ma contemporaneamente, ha creato un equivoco dagli effetti tragici: dal punto di vista biologico, nel bene e nel male, gli alimenti non sono la semplice somma dei loro componenti chimici. Inoltre il nostro organismo, con le sue “istruzioni” vecchie di migliaia di anni, non interagisce soltanto con il cibo, ma con tutte le infinite variabili esterne, sia buone sia cattive.
Le predisposizioni dell’individuo e lo stile di vita sono molto importanti ma è soprattutto l’alimentazione a svolgere un ruolo fondamentale per lo stato di salute diventando, nel lungo periodo, un vero e proprio investimento per la prevenzione delle malattie cronico degenerative e la qualità della vita di tutti. Il nostro organismo è “progettato” per ricevere con il cibo, non solo i nutrienti ma anche tutti quei fattori funzionali o nutraceutici che ci hanno accompagnato durante la nostra evoluzione. Si tratta di antiossidanti, protettivi del microcircolo, anticolesterolici, anticancerogeni, acidi grassi polinsaturi omega 3, ecc.. che negli alimenti ottenuti in modo sostenibile, sono presenti nelle combinazioni più adatte. Con un sistema produttivo molto spinto e una distribuzione caratterizzata da lunghe catene alimentari e lunghe conservazioni, in pratica, al cittadino arrivano alimenti con un inadeguato apporto di tali molecole.
Le indagini sulla composizione degli alimenti documentano ampiamente quanto e come sia cambiata la loro composizione chimica negli ultimi decenni e l’epidemiologia, insieme ad una letteratura scientifica sempre più ampia, come sia decaduta la loro protettiva qualità funzionale. Allo stesso tempo, la globalizzazione spinge la filiera ad approvvigionarsi in quelle parti del mondo dove il processo di industrializzazione dell’agricoltura è più spinto. Purtroppo questi alimenti, tra cui in modo particolare quelli d’importazione, portano con sé sostanze che l’uomo non ha mai incontrato nella sua storia evolutiva oppure altre note, ma in quantità superiori rispetto al passato. Alla fine l’organismo o non è in grado di renderle innocue o di smaltirle completamente e, lentamente, le accumula. Si tratta di piombo, mercurio, pesticidi, PCB, ecc.. Tutte sostanze dotate di attività sfavorevoli che, nelle donne gestanti, raggiungono anche il bambino nel grembo materno, ben più vulnerabile alla loro azione. Quindi si può comprendere come lo stato di salute di un individuo si costruisca non soltanto durante tutta la vita, ma addirittura ancor prima di nascere. Non solo, ma gli effetti sul funzionamento dell’organismo possono essere trasmessi anche alla generazione successiva. E’ la presenza di queste sostanze che determina la qualità sanitaria di un alimento.
La conclusione di Michael Pollan: “Osservando le popolazioni di tutto il mondo, il comune denominatore di una buona salute, è un’alimentazione tradizionale a base di cibi freschi ricavati da animali e piante cresciuti su terreni anch’essi ricchi di nutrienti” può fare da linea guida che si traduce nella necessità di alimentarsi con frutta e verdura di stagione, maturata in pianta senza forzature produttive, in modo sostenibile, in carni di animali cresciuti al pascolo e una filiera necessariamente rapida, se non corta.
Importanza del cibo nella prevenzione delle malattie cronico degenerative
Quanto descritto serve a dare un peso all’importanza del cibo nella prevenzione delle malattie cronico degenerative ma suggerisce anche il ruolo che può svolgere nell’aiutare i medici e le strutture sanitarie nel loro compito. Uno studio del 2008 indica che una migliore alimentazione ospedaliera comporterebbe una riduzione delle giornate di degenza con un risparmio tra i 780.000 e i 3.700.000 euro per un ospedale di circa 1.000 posti letto (Lucchin, 2008).
Importanza dei prodotti locali e della sostenibilità ambientare
Riscoprire l’importanza dei prodotti locali e della sostenibilità ambientare della loro produzione e, se si vuole, anche la riscoperta di varietà locali non è più soltanto un atto culturale, ma trova nuove e più concrete motivazioni nella prevenzione delle malattie cronico degenerative, nella sintonia delle produzioni con le condizioni ambientali del territorio, con la resistenza delle piante e degli animali alle malattie e, per questo, una ridotta necessità di presidi chimici, come pesticidi e antibiotici.
Possibiità di sviluppo del commercio locale
Inoltre l’attuale sistema distributivo agroalimentare, per circa il 70% effettuato dalla Grande Distribuzione Organizzata, lascia aperto uno spazio anche di ordine economico, permettendo alle produzioni locali di giungere sulla tavola dei cittadini a prezzi accettabili, se non concorrenziali, anche in virtù delle loro maggiori rese nella preparazione delle pietanze.
A questo può conseguire un dignitoso sostentamento di chi opera localmente in agricoltura con conseguenze rese ancora più vitali nella crisi attuale di sistema in quanto si possono recuperare posti di lavoro, un’economia locale che produce beni reali, non si esasperano le iniquità sociali, si mantiene il territorio e si accresce il suo valore complessivo. Infine, date le caratteristiche del territorio italiano, si possono realizzare in chiave moderna, aziende “di scopo” in cui introdurre attività socialmente utili, mantenendo viva l’attenzione degli individui su valori collettivamente importanti. In sintesi si recupererebbe anche la qualità etica degli alimenti.
La Sezione di Anatomia ed Istologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona effettua da alcuni anni una ricerca scientifica rivolta al recupero, alla salvaguardia ed alla valorizzazione di prodotti della tradizione e/o di un particolare territorio, indagando, con le metodologie proprie del settore farmaceutico, sulle loro qualità funzionali e sanitarie, a difesa della salute dei cittadino, delle produzioni locali e delle colture tradizionali, alla loro promozione e diffusione. L’utilizzo di tecnologie innovative integrate, ha lo scopo di valutare oggettivamente l’impatto dei prodotti della tradizione e/o di un particolare territorio sulla salute dell’uomo coprendo l’area che collega due competenze: quella agronomica e quella medica. Mediante la definizione di specifiche innovative con cui controllare in modo misurabile l’origine e le qualità di un prodotto, si tutela sia il consumatore, sempre più deluso dalle certificazioni e insicuro e timoroso sui cibi che acquista, sia il produttore locale, che vedrà valorizzate in modo nuovo le proprie produzioni, senza nulla togliere ai rapporti diretti tra produttore e consumatore. Infine, con tali metodologie, si affiancano i responsabili pubblici e privati nell’attività di controllo e nel mantenere alta la qualità etica di un intero sistema territoriale.
Poiché la Sezione di Anatomia ed Istologia della Facoltà di Medicina e Chirurgia di Verona ha compiti istituzionali, nel 2008 è stata costituita la Fondazione Via dei Locavori Onlus che ne affianca l’attività, allo scopo di creare un sistema integrato di qualità e salute, facendo informazione scientifica e culturale, formazione, attività didattiche lungo tutta la filiera fino ai cittadini, per incrementare la capacità dei consumatori di fare scelte consapevoli dal punto di vista agro alimentare, bio sanitario, ambientale e sociale. La Fondazione Via dei Locavori Onlus coadiuva persone fisiche e giuridiche allo scopo di condividere i metodi scientifici e i risultati delle attività di ricerca messe in atto.
Dott. Daniele Degl’Innocenti
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Curriculum Vitae Breve
Dal 01/01/2008 a oggi:
Datore di lavoro: Università degli Studi di Verona, Facoltà di Medicina e Chirurgia (Strada Le Grazie 8, Verona);
Incarichi: borsa e assegno di ricerca;
Attività: attività di ricerca finalizzata allo studio del rapporto tra alimenti e salute e ad attività divulgativa ed educativa;impiego di strumenti di indagine ad alta efficienza quali NMR (risonanza magnetica nucleare) per l’acquisizione ed elaborazione di spettri ed analisi chemio metriche, microscopia elettronica a scansione, microscopia elettronica a trasmissione, microscopia ottica, biologia molecolare.
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PRODOTTI INDUSTRIALI VS ARTIGIANALI Dott. DEGL’INNOCENTI
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