Proposte per l'economia
Nuova definizione di "Prezzo Sostenibile"
Per ogni attività produttiva e di distribuzione. Una proposta di un prezzo equo per produttori, trasformatori, commercianti e consumatori. Una filiera sostenibile dalla A alla Z.
24/07/2024 IRP Staff
Attualmente gli agricoltori si lamentano che i prezzi dei loro prodotti pagati al campo, sono sotto il costo di produzione o con un margine di guadagno insostenibile per una attività imprenditoriale.
Per prezzo sostenibile intendiamo il prezzo di vendita composto da
- costo di produzione, definito da bilancio aziendale +
- utile razionale, che per la teoria PROUT si attesta al 15% minimo.
L’Agricoltura, nella gestione, deve avere lo stesso status dell’Industria
E’ necessaria una premessa. I prezzi dei prodotti agricoli e derivati sono calcolati a livello centralizzato e per regione da ISMEA (Istituto per i Servizi al MErcato Alimentare). Abbiamo trovato che il latte alla stalla calcolato da ISMEA, è di circa 9,8-15,5% inferiore rispetto ai costi di produzione reali calcolati su bilancio aziendale, per aziende SRL, medio grandi.
Quindi è necessario e opportuno che i costi di produzione si debbano calcolare da bilancio aziendale.
Mancano in effetti alcune voci dai calcoli ISMEA, come:
- Spese Amministrative
- Ammortamenti animali
- Oneri Finanziari (interessi bancari / bonifici)
- Oneri Straordinari (passività)
- Imposte
- Svalutazione Crediti (fondo sicurezza per m.p.)
- Compensi lavoratori / proprietari sottopagati
- Rischio per eventi climatici
Il costo di produzione medio regionale, centralizzato calcolato da ISMEA, non rende giustizia a tutti i produttori. Se dovessimo parlare di costo medio opteremo per il “Costo Medio Ponderato” per un’area che potrebbe essere la provincia, poiché in una regione sono troppe le differenze tra i diversi produttori.
C’è un’altra cattiva interpretazione dei parametri economici.
In agricoltura o in allevamento, ad esempio per il prezzo del latte, chi acquista è stato abituato a pensarlo come costo di produzione senza considerare l’utile per l’azienda produttrice. Questo perché si suppone che gli agricoltori come gli allevatori abbiano delle sovvenzioni (Avepa, Sabatini, PAC, etc.) che vanno ad integrazione del reddito e che possono compensare i possibili mancati utili della vendita dei prodotti.
Nulla di più sbagliato perché in agricoltura i proventi aziendali, generati da vendita ad esempio delle vacche che hanno terminato il ciclo produttivo, e dalle sovvenzioni, devono essere sottratti ai costi di produzione. Questo comporta che all’azienda non rimangono utili, necessari per la propria sopravvivenza, manutenzione, salvagiardia dell’ambiente, sviluppo e adeguamento alle normative.
In conclusione le aziende stanno morendo. Sono 30.000 solo in Emilia Romagna le aziende agricole a rischio chiusura perché non c’è ricambio generazionale a causa dei mancati guadagni aziendali. In Puglia hanno già chiuso 2.200 aziende agricole e dal 1984 ad oggi hanno chiuso circa 140.000 stalle. Il tutto per la mancanza di redditività.
La situazione oggi
Una volta il ricavo tendeva ad essere diviso equamente tra produttore (1/3), il grossista o trasformatore (1/3) e il commerciante (1/3). Oggi al produttore rimane la fetta più piccola. Nel sistema economico proutista la produzione e il consumo saranno gestiti da cooperative, nel settore da cui dipende la sopravvivenza della popolazione, come quello primario, non vi sarà posto per gli intermediari o i privati e quindi alla speculazione o le rendite parassitarie.
Un esempio: la mela ruggine di Zevio (VR) è stata venduta al campo a 0,28€. Il grossista la vende 1 mese dopo a 1,20€ e al supermercato l’ho trovata a 2,60€. Al produttore va solo il 10-15% del prezzo finale. Ciò non è corretto né per il produttore e nemmeno per il consumatore. Il guadagno (speculazione inclusa) si è spostato su grossista o trasformatore e commercio.
In un’audizione presso la Commissione Agricola del Senato a fine maggio, il presidente di ASSOLATTE ha dichiarato che non accetta la trasparenza sui costi di produzione, perché potrebbe dare problemi con la vendita dei derivati del latte (formaggi, etc.) presso la grande distribuzione, mentre l’Ass.ne Italiana FOOD, dei grandi trasformatori agroalimentari, ha dichiarato di voler cancellare l’Art. 4 del Decreto Agricoltura, che parla dei costi di produzione, in favore di contratti privati: dividi et impera.
Ciascuno vuole gestire la sua fetta di guadagni, ma sembra che tutti vogliano mungere i produttori deprezzando le materie prime prodotte localmente al limite della sostenibilità, favorire l’importazione di prodotti esteri a più basso prezzo, ma con standard di sicurezza e sanitari molto inferiori. Questo è il turbo-capitalismo. E sembra non ci sia verso di far cambiare linea culturale sulla necessità di un equilibrio di maggiore equità, anche nel campo economico dell’agricoltura.
Definizione storiche di “Costo e Prezzo”
Sondiamo le diverse definizioni di prezzo, per vedere se qualcuna collima con l’idea di Costo di Produzione + Utile Razionale del 15% minimo.
Prezzo Industriale esiste già nei carburanti ed è il prezzo del carburante esclusa la tassazione.
Il Prezzo Equo o “Fair Value”[1], che esiste dal 1700, si ferma al costo di produzione o “guadagno che copra i costi medi di una produzione sostenibile”, non è esaustivo dell’idea che si vuole far emergere. Prezzo Razionale è un’altra traduzione di Prezzo Equo.
Il Fair Value, dall’Organismo Italiano di Contabilità (➔ OIC), è formalmente definito come «il corrispettivo al quale un’attività può essere ceduta o una passività può essere trasferita in una libera transazione fra parti consapevoli e disponibili». “Non si tratta necessariamente di un prezzo di mercato…”
Prezzo sostenibile
Per “Sostenibilità“, nelle scienze ambientali ed economiche, si intende “condizione di sviluppo in grado di assicurare il soddisfacimento dei bisogni della generazione presente senza compromettere la possibilità delle generazioni future di realizzare i propri“.
Nella sola Emilia Romagna oggi sono a rischio circa 30.000 aziende agricole e di allevamento per mancanza di ricambio generazionale, principalmente dovuto a mancanza di reddito minimo per le aziende.
Quindi con l’attuale regime di gestione, l’Agricoltura non è più sostenibile.
Per prezzo sostenibile attualmente si intende “quel prezzo che al suo interno racchiude una filiera di sostenibilità sociale, ambientale ed etica, in cui nessuno è stato lasciato indietro o penalizzato, sfruttato, sottopagato per vendere ad un prezzo più basso in una logica consumistica”.
Nuova definizione del concetto “Prezzo Sostenibile”
Integriamo: “Prezzo sostenibile è quel prezzo che racchiude una filiera di sostenibilità sociale, ambientale, etica ed economica …”. Abbiamo aggiunto il termine “economica” alla sostenibilità poiché anche l’attività industriale o agricola non è sostenibile se non vi è un prezzo adeguato per i propri prodotti. Se ricevi solo il costo di produzione per i prodotti, l’azienda chiuse e quindi l’attività non è “sostenibile”.
Tutta la filiera deve funzionare a “Prezzo Sostenibile”
Produttore, trasformatore, commerciante e consumatore finale devono poter trattare a Prezzi Sostenibili. Nel caso del consumatore si dovrà attuare una politica di autosufficienza economica e produttiva per poter garantire la massima occupazione e la relativa capacità di acquisto.
Dovremmo trovare un equilibrio di filiera per tutti i soggetti o stake holders, ottemperando alla proposta equa del Prezzo Sostenibile, “Costo di produzione + utile razionale del 15%minimo”.
Naturalmente il profitto razionale del 15% minimo, servirà all’azienda agricola di adeguarsi ai cambiamenti epocali in atti, alle normative, alla salvaguardia ambientale, alla corretta remunerazione, alla prospettiva di aggregazione aziendale per ottenere maggiore efficienza produttiva, maggiore produttività. Senza questo utile nessuna di queste attività è possibile.
“Nessun povero, nessun super-ricco, tutti benestanti” (MDE)
[1] https://www.fairtrade.it/faq/prezzo-equo-produttori/
https://www.treccani.it/enciclopedia/fair-value_(Dizionario-di-Economia-e-Finanza)/