Crisi energetica e prezzi
Nei giornali abbondano le notizie sull’enorme aumento dei prezzi dell’energia, che si riflette sulle bollette che consumatori e imprese sono costretti a pagare. Gli aumenti sono così rilevanti che il governo ha stanziato diversi miliardi per contenerli, almeno in parte.
Le cause di questo fenomeno sono principalmente di natura finanziaria, perché il prezzo del metano sta salendo per effetto della speculazione che moltiplica i risultati dell’incremento che nel 2021 ha avuto la domanda globale. Ma la preoccupante ascesa dei prezzi del gas non va attribuita solo alla speculazione o al mercato globale in crescita. Vi sono altre cause, anche se poco trattate dai mezzi d’informazione.
I certificati bianchi
Esistono i TEE, Titoli di Efficienza Energetica., che i distributori di elettricità e gas oltre una certa dimensione sono obbligati a comprare se non vogliono realizzare interventi di efficientamento nella loro struttura. Questi titoli beneficiano di un “contributo”, legato proprio all’andamento dei prezzi: più i prezzi sono alti, più lo è anche il contributo, che alla fine pesa sulle bollette di gas ed elettricità. Ebbene, nel 2018 i titoli hanno sfondato i 425 euro per certificato quando un anno prima erano sui 250 e due anni prima erano a 100 euro.
La speculazione: i futures
Questi sono “promesse” di acquisto futuro al prezzo corrente di mercato con il quale si ottiene il diritto di acquistare o vendere un’attività o un prodotto in una data successiva per un prezzo fissato al momento della stipula. Ovviamente il compratore prevede un aumento del prezzo, e, quindi si aspetta un profitto, mentre, viceversa, chi vende spera in una sua diminuzione. L’attività di trading su questi titoli è a somma zero, a chi guadagna corrisponde esattamente una perdita per un altro speculatore. Nonostante ciò, prevale la speculazione al rialzo che incide sui mercati reali, attraverso una modifica radicale nella natura dei contratti di vendita. Questi nel passato erano prevalentemente a lungo termine a prezzo prefissato, ma, a partire dalla crisi finanziaria del 2008, si è continuamente accresciuto il numero delle transazioni che avvengono al prezzo spot, cioè giornaliero, il cui valore si determina sul Ttf, Title Transfer Facility, mercato olandese di riferimento europeo.
I profitti dell’ENI e altri grossisti del mercato energetico
La maggior parte del gas viene importato in Italia da tre società, Eni, Enel ed Edison. Si stima che l’Eni, il maggiore acquirente, abbia importato nel 2021 circa il 47,6% del totale, pari a 33,8 miliardi di metri cubi, il 31,6% dei quali effettuato tramite acquisti sul mercato spot, cioè a prezzi alti, mentre il restante 68,4%, pari a circa 23,1 miliardi di metri cubi, è stato acquistato a prezzi dei contratti pluriennali molto più bassi stipulati con la Russia, l’Algeria e gli altri paesi fornitori. I risultati di questo commercio del gas per ENI sono stati un profitto di 4,7 miliardi € nel 2021.
La guerra Russia-Ukraina
Pur dipendendo quasi completamente dal rifornimento di gas russo, chi ci governava ha deciso di imporre sanzioni pesanti al nostro fornitore di gas.
Ma veramente il governo pensava che, dopo aver congelato i beni della Banca centrale russa, espropriato gli oligarchi e soprattutto mandato le armi all’ucraina, e comminato altre pesanti sanzioni, le forniture di gas sarebbero continuate ad affluire regolarmente?
Peccato che le cose siano andate diversamente: Gazprom ha ridotto del 40% le esportazioni, i prezzi sono schizzati, paghiamo in rubli e abbiamo il prezzo dell’energia al massimo storico.
Gli USA ci hanno poi “teso la mano” per rifornirci con il loro Metano liquido, a 140€ al MWh, mentre negli Stati Uniti il prezzo si aggira sui 20€ al MWh. Certo questo sta affossando molte industrie italiane ed europee
Lo scambio di titoli del GAS alla borsa di Amsterdam, durante la “crisi del GAS”, è stato del solo 2% del totale, ma ha influenzato al rialzo il prezzo di tutto il gas commercializzato. Pura speculazione.
Le soluzioni
La prima che viene in mente è bloccare il mercato finanziario di Amsterdam per eccesso di rialzo, come si fa nelle borse di tutto il mondo. Ma questo va contro gli enormi interessi dell’Olanda che difficilmente rinuncerebbe ai profitti così ottenuti e, dato che esiste il diritto di veto per cui tutti devono essere d’accordo sulle azioni in Europa, finora niente è stato fatto.
La seconda è la soluzione PROUT: le aziende che forniscono materie prime ad altre aziende dovrebbero essere gestite direttamente dallo Stato secondo il principio di “niente perdite niente profitto”. Ciò potrebbe essere fatto con la nazionalizzazione di ENI ed ENEL in Italia, visto che lo Stato già detiene il 30% delle quote ENI. Già la Germania ha iniziato questo processo per le sue aziende energetiche. Questo prima o poi si dovrà fare anche da noi, se non si vuole il crollo totale delle aziende italiane e dell’economia ad esse legata.