Rivoluzione in Macroeconomia – oltre le teorie classiche della disoccupazione
L’economista Ravi Batra autore di
“End Unemployment Now”
La nostra conclusione principale è che l’aumento del differenziale salario-produttività, a causa delle politiche del governo, è la causa primaria, se non l’unica, delle recessioni, della disoccupazione, degli enormi profitti e, di conseguenza, dell’eccessiva concentrazione della ricchezza. Questo capitolo individua i maggiori difetti del pensiero convenzionale, che ha bisogno di cambiare, se il mondo vuole sfuggire al collo di bottiglia della stagnazione e della povertà.
La Globalizzazione e il Gap Salario-Produttività
Tratto dal nuovo libro di Ravi Batra:
“End unemployment now”
Il professor Robert Shiller, premio Nobel e best-seller, ha sottolineato in un recente articolo: “E’ un grande imbarazzo, per la teoria macroeconomica moderna, il non aver mai raggiunto alcun consenso sulle questioni fondamentali: ciò che crea l’ascesa o la caduta del mercato azionario e ciò che provoca, in ultima analisi, le recessioni. . . non siamo stati in grado di individuare in ultima analisi, le cause delle recessioni.”[1]
Queste parole sono sorprendenti, ma molto credibili. Sono sorprendenti perché dopo tutto ciò che è stato scritto in macroeconomia negli ultimi 200 anni, si potrebbe pensare che avremmo ormai compreso la causa principale della disoccupazione o delle recessioni.
Sono anche credibili perché una profonda crisi iniziata in tutto il mondo nel 2007 e, ancora presente sette anni più tardi, con i suoi effetti negativi di alta povertà e disoccupazione, ha continuato ad affliggere il pianeta. Se davvero ne conoscevamo la causa ultima, la disoccupazione doveva scomparire subito dopo che il NBER[2] proclamò, nel 2010, la fine della recessione.
Invece, nel 2012 il tasso di disoccupazione ufficiale negli Stati Uniti, ha superato l’8 per cento e se si includono anche i lavoratori a tempo parziale e i lavoratori scoraggiati, si supera il 16 per cento. Nel 2014 il livello di occupazione a malapena corrispondeva al livello raggiunto nel 2007.
La situazione non è risultata per nulla brillante nel resto del mondo. In realtà, l’Europa era di nuovo in recessione nel 2011, anche se per un breve periodo, con un tasso di disoccupazione che superava 11 per cento, il più alto record da quando è nata, nel 1995. Nel 2014 il tasso di disoccupazione fu ancora più elevato.
Il professore Paul Krugman, un altro premio Nobel, altrettanto schietto come Shiller scrisse, “Pochi economisti hanno visto arrivare la nostra attuale crisi, ma questo fallimento predittivo era l’ultimo dei problemi del settore economico. Più importante era la cecità dei professionisti per la stessa possibilità di terremoti catastrofici in un’economia di mercato”.[3]
Ammettiamolo: le teorie popolari di macroeconomia, sia classiche sia keynesiane, ci dicono molto poco su ciò che provoca in ultima analisi, una recessione o un alto tasso di disoccupazione, altrimenti il pianeta sarebbe stato libero da questo flagello subito dopo la proclamazione della fine della recessione.
In altre parole, quando la produttività del lavoro aumenta più velocemente del salario reale per un certo periodo, si sviluppa un divario salario-produttività che alla fine porta a licenziamenti e un balzo nel tasso di disoccupazione.
Ma non è ciò che le teorie popolari asseriscono. In realtà esse sostengono, a volte assumono, che in un’economia di mercato i salari reali sono proporzionali alla produttività, ma non è stato così per la stragrande maggioranza dei lavoratori americani dal 1981.
…I capitoli precedenti hanno già dimostrato che la disoccupazione o le recessioni si verificano quando c’è un aumento persistente del divario salario-produttività.
Teorie popolari e la Grande Recessione
Sapete già che la recessione americana, iniziata nel 2007, è ora chiamata la Grande Recessione e fu la peggiore crisi economica dai tempi della Grande Depressione. Milioni di lavoratori sono stati licenziati, e altri milioni hanno subito perdite salariali e povertà, e continuano a subirle. Il tasso di disoccupazione è passato da meno del 5 per cento nel 2006 al 10 per cento nel 2009. Naturalmente, una domanda sorge spontanea: qualcuno ha previsto una tale calamità? Dopo tutto, una crisi non avviene dal nulla.
C’erano tutti i tipi di premonizioni di cose a venire. C’era una bolla immobiliare e una bolla petrolifera, con un mercato azionario torrido tra il 2003 e il 2007.
Il punto di vista generale, incoraggiato da politici e dal mondo accademico, è che nessuno aveva previsto il prossimo crollo. Ma questo non è vero. Alcuni di coloro che basano il loro pensiero su modelli e ipotesi empiriche, piuttosto che su convinzioni puramente teoriche e spesso ipotetiche relative ai fondamenti microeconomici, senza mezzi termini hanno avvertito il mondo della crisi incombente.
Secondo l’economista Dirk Bezemer, “Non è difficile trovare le previsioni di una crisi del credito o del debito nei mesi e negli anni precedenti ad esso, e del grave impatto sull’economia che questo avrebbe, non solo da parte di esperti e blogger, ma da seri analisti, dal mondo accademico, istituti politici, gruppi di ricerca e della finanza.”[4]
Il professor Roubini, il professor Shiller e il sottoscritto, tra una dozzina di scrittori, abbiamo previsto l’inizio di una recessione ben prima del suo arrivo. In realtà, in un libro stampato alla fine del 2006 e rilasciato il 9 gennaio 2007, ho anche individuato l’anno in cui ciò poteva accadere. Alcune delle mie parole nel libro The New Golden Age erano:
- L’economia peggiorerà progressivamente con i prezzi delle case in calo e licenziamenti in aumento. . . (p. 173)
- La bolla immobiliare sembra essere un evento importante, che un tempo aveva una forte espansione, e ora sta iniziando a diminuire.
- Il suo punto di partenza era il 2001, quando il tasso di interesse ha iniziato una caduta da panico. E ‘probabile che scoppi nel 2008, anno più o anno.
- Lo scoppio potrebbe iniziare nel 2007 e continuerà fino al 2009. (p. 175) L’economia potrebbe ancora affrontare una forte recessione a causa dell’aumento dei prezzi del petrolio, ma evitare la calamità di una depressione.
- La disoccupazione potrebbe salire al livello del 10 percento o più. (p. 179)[5]
Il resto è storia. La bolla immobiliare scoppiò a metà del 2007, mentre, secondo il NBER, la recessione è iniziata nel dicembre 2007 e si è conclusa nel mese di luglio 2009. Inoltre, i mercati azionari si sono schiantati tra ottobre 2007 e marzo 2009, mentre la disoccupazione si avvicinava al 10 per cento nel novembre 2010 . Così, alcuni economisti hanno previsto l’arrivo della Grande Recessione, ma alcuni esperti di macroeconomia e politici non hanno prestato attenzione.
Perché la maggior parte degli esperti non riescono a prestare attenzione alle avvisaglie anticipate che erano ovvie per alcuni? Perché, come osserva il professor Shiller, le teorie popolari ancora “non sono state in grado di individuare ciò che in ultima analisi, provoca una recessione“.
Concentriamoci sulla parola”individuare“, che suggerisce che ci può essere solo una causa di fondo di una recessione.
Una sola causa per la recessione
Questo è esattamente ciò che ho sostenuto. Il capitalismo monopolistico, con conseguente aumento del differenziale salariale e/o dei prezzi del petrolio, è l’unica e la sola causa di una recessione.
Mentre non vi è una sola causa principale, ci sono un sacco di sintomi che mascherano le cause nei modelli macroeconomici diffusi. I teorici classici e neoclassici sostengono che la rigidità dei salari reali, indotta da potenti sindacati o la legislazione sul salario minimo, ha come risultato una disoccupazione di lunga durata.
Pochi politici prendono questa idea sul serio, supportata anche da molti economisti. Inoltre, gli esperti classici sostengono che il salario reale è uguale al prodotto marginale del lavoro, che è il prodotto dell’ultimo lavoratore assunto. Tuttavia, è la media del prodotto, vale a dire, la produttività del lavoro, che, in relazione al salario reale, spiega che cosa provoca recessione e disoccupazione.
Il punto è che, anche se il salario reale è flessibile, come ipotizzato dai classicisti, ed è uguale al prodotto marginale del lavoro, cosa che non si verifica nei mercati oligopolistici, i licenziamenti comunque aumentano se il salario reale non cresce velocemente come la media del lavoro prodotto, a meno che, naturalmente, il debito dell’economia salga sufficientemente per assorbire le merci invendute.
Tuttavia, la crescita del debito non garantisce la prosperità per il grande pubblico.
Dall’altra parte dello spettro, l’economia keynesiana, nella sua teoria della disoccupazione, soffre dello stesso difetto, perché ritiene, inoltre, che il salario reale è determinato dal prodotto marginale del lavoro e presta poca attenzione al ruolo della media del prodotto.
E ‘vero che vi è normalmente un legame positivo tra il prodotto medio e marginale, e il loro collegamento è esatto nei termini della funzione di produzione Cobb-Douglas. Ma allora dobbiamo presumere l’esistenza di una funzione di produzione, e alcuni economisti, in particolare la mitica Joan Robinson della Gran Bretagna, hanno messo in dubbio questa ipotesi.
La teoria del gap-salariale, non riguarda la questione di ciò che determina il salario reale negli equilibri del mercato del lavoro; si concentra solo sul motivo per cui il tasso salariale segue la crescita della produttività e di come questo provoca inevitabilmente licenziamenti nel lungo periodo, quando il debito non sale a sufficienza per aumentare la domanda aggregata a livello di offerta aggregata.
La teoria ha anche bisogno di alcune funzioni di produzione per la sua validità. Inoltre, anche se i prodotti marginali e medi si muovono in stretta collaborazione, nel capitalismo monopolistico il salario reale è inferiore al prodotto marginale del lavoro.
La scuola keynesiana
I keynesiani e neo-keynesiani danno la colpa delle recessioni, alla domanda aggregata insufficiente e vedono le politiche monetarie e fiscali espansive come panacee per la crisi. Tali politiche hanno davvero successo per lungo tempo nel porre fine recessione, ma, come avete visto, hanno rinviato solo i problemi.
Inoltre, le nuove recessioni di solito richiedono un dosaggio maggiore di misure espansive. Ora i rimedi keynesiani o non funzionano o funzionano molto lentamente, nonostante la massiccia dose somministrata al paziente malato chiamato Economia Globale.
Essi possono stabilizzare la malattia del paziente, ma non lo faranno, e non possono ripristinare il paziente al suo stato di robusta e sana costituzione.
Inoltre, il modello keynesiano non riesce a spiegare il motivo per cui la domanda aggregata può rimanere bassa per lungo tempo, come è avvenuto durante la Grande Depressione e ora fin dal 2007.
Questo è un grande difetto, perché senza una comprensione della ragione di una carenza di domanda, la creazione di debito diventa l’unica opzione politica della teoria keynesiana. Tuttavia, la tesi del gap salariale, sviluppata qui, offre una varietà di opzioni per aumentare consumi e, di conseguenza, la spesa per gli investimenti.
La generazione di debito diventa allora una soluzione minore e temporanea per aumentare la domanda nazionale, da utilizzare solo come ultima risorsa.
La scuola austriaca
Un’altra teoria popolare è offerta dalla scuola austriaca, che incolpa delle recessioni l’eccessiva espansione della moneta e del credito da parte delle istituzioni finanziarie e il pesante debito dei consumatori prima della crisi.
Anche questo punto di vista si concentra sui sintomi. La grande domanda è: perché i consumatori vengono enormemente indebitati prima del crollo?.
Non c’è dubbio che i prestiti bancari e il debito dei consumatori siano saliti vertiginosamente negli Stati Uniti durante gli anni che hanno preceduto la recessione.
Ma la domanda è: perché? La mia risposta sta nel divario salariale in aumento e, infine, nel capitalismo di monopolio.
Un altro difetto principale delle vedute convenzionali è che non si è in grado di spiegare l’ascesa delle bolle del mercato azionario e del loro scoppio.
Robert Hall, un professore della Stanford University e presidente della American Economic Association nel 2010, una volta disse: “Gli economisti sono perplessi, come chiunque, dal comportamento del mercato azionario”.[6]
Egli è un economista di macroeconomia, il suo popolare libro di testo riconosce un grave difetto delle idee tradizionali. Questo difetto è più grave di quanto possa apparire. Dopo tutto, la stragrande maggioranza degli americani, con i loro piani pensionistici, sono collegati al mercato azionario.
Inoltre, la comprensione dei mercati azionari è cruciale per preservare la prosperità di una nazione, perché i loro incidenti hanno spesso preceduto debilitanti recessioni e depressioni. La teoria del gap salariale, è in grado di fornire risposte a tutte le domande che oggi lasciano perplessi gli economisti.
Conclusione
La nostra conclusione principale è che l’aumento del differenziale salario-produttività, a causa delle politiche del governo, è la causa primaria, se non l’unica, delle recessioni, della disoccupazione, degli enormi profitti e, di conseguenza, dell’eccessiva concentrazione della ricchezza.
Le idee espresse sono le stesse di quelle descritte nei capitoli precedenti, ma questa appendice aggiunge chiarezza e li rafforza in termini di quello che gli economisti chiamano teoria rigorosa.
Questo capitolo individua inoltre i maggiori difetti del pensiero convenzionale, che ha bisogno di cambiare, se il mondo vuole sfuggire al collo di bottiglia della stagnazione e della povertà.
BIBLIOGRAFIA
[1] Robert Shiller, “The Mystery of Economic Recessions,” New York Times, February 14, 2001, p. 17.
[2] The National Bureau of Economic Research
[3] Paul Krugman, “How Did Economists Get It So Wrong?” New York Times, September 2, 2009, p. 18.
[4] Dirk Bezemer, “No One Saw This Coming: Understanding Financial Crisis through Accounting Models,” MPRA paper, University of Groningen, Groningen, The Netherlands, 2009, p. 2.
[5] Ravi Batra, The New Golden Age: The Coming Revolution against PoliticalCorruption and Economic Chaos (New York: Palgrave Macmillan, 2007), pp. 173–179; Emma Brockes, “Nouriel Roubini, The Economist Who Predicted a Worldwide Recession,” The Guardian, Friday 23 January 2009; A. Pierce, “The Queen Asks Why No One Saw The Credit Crunch Coming,” The Telegraph, November, 5, 2008.
[6] Robert Hall, “Struggling to Understand the Stock Market,” American Economic Review Papers and Proceedings, 91 (2): 1–11.
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Intervista di Andrew Mazzone a Ravi Batra sul GAP-Salariale
Recensione del libro di Ravi Batra, di Apek Mulay
Ravi Batra: “Le cause della Disoccupazione”
Intervista a Ravi Batra: L’Economia Americana e la Sua Rinascita.
A new Theory of Unemployment: Globalisazion and the wage-productivity gap
Dr. Ravi Batra, professore di economia presso la Southern Methodist University, Dallas, è l’autore di cinque best seller internazionali. E ‘stato Direttore del suo dipartimento dal 1977 al 1980. Nel mese di ottobre del 1978, a seguito di decine di pubblicazioni nelle migliori riviste come l’American Economic Review, Journal of Political Economy, Econometrica, Journal of Economic Theory, Review of Economic Studies, tra gli altri, Batra è risultato terzo nella classifica di un gruppo di economisti “superstar”, selezionati tra tutte le università americane e canadesi inserita in un articolo della rinomata rivista Economic Enquiry. Nel 1990, il primo ministro italiano gli ha conferito la Medaglia del Senato italiano per un libro che correttamente ha previsto il crollo del comunismo sovietico, quindici anni prima che accadesse, ed altre 18 previsioni avveratesi.