L’etica in economia, paga?
Estratto da “Greenspan’s Fraud, Ravi Batra, Palgrave, Macmillan, 2005.
La politica eonomica onesta, non paga, affermavano alcuni banchieri e imprenditori. Alla luce degli effetti disastrosi di una politica economica sbilanciata e atta a favorire poche persone nel mondo (globalizzazione), viene da chiederci se una politica economica etica è in grado di ristabilire gli equilibri e garantire a tutti le necessità fondamentali per una vita dignitosa. Prendiamo a prestito alcuni paragrafi, dell’economista Ravi Batra, che rispondono ineludibilmente a questa spinosa DOMANDA. I grafici e le serie storiche prendono in considerazione l’economia USA, ma sono un esempio di approccio anche per la nostra economia italiana.
Una politica economica etica
Il verdetto della storia dice che l’etica funziona e che l’inganno studiato per favorire gli interessi di pochi non funziona. Le politiche etiche danno diretti benefici ai poveri, alla classe media mentre le politiche ingannevoli favoriscono direttamente i ricchi in nome di benefici diretti verso i poveri e la classe media. Le azioni etiche generano un’innalzamento (trickle-up) della prosperità, mentre le azioni ingannevoli l’abbassano. Innalzamento o trickle-up significa che, da queste politiche, ne beneficiano innanzitutto i poveri, poi la classe media e poi i ricchi. Abbassamento o trickle-down, al contrario, significa che i ricchi ne beneficiano al massimo grado, possibilmente seguiti dalla classe media e dagli indigenti.
Le prescrizioni etiche mantengono un basso peso delle tasse per i poveri e per la classe media, mentre le politiche non etiche trasferiscono il peso delle tasse dai ricchi ai poveri e alla classe media. Idee etiche mantengo elevata la domanda aggregata attraverso elevati livelli salariali, che nascono dalla libera impresa, mentre le pratiche ingannevoli tendono a rinvigorire la domanda attraverso la generazione di debito. Delle misure etiche ne beneficiano la stragrande maggioranza dei cittadini, mentre misure non etiche beneficiano pochi e tormentano i molti.
Prendiamo ad esempio, negli Stati Uniti, il periodo tra il 1950 e il 1960, quando un elevato livello di sviluppo coesisteva con una tassazione individuale da confisca, a livello del 90% per i redditi più elevati, ma mai, al di sotto del 70%. Quegli erano i migliori giorni della politica economica etica. Le imposte sul valore aggiunto raggiungevano il 2%, mentre le tasse della Sicurezza Sociale, per il singolo lavoratore, toccavano raramente il 3% sui primi 5000$ di reddito.
Tabella 7.1 pag. 174 – Tasse impresa, Tasso di sviluppo, Tassa sul reddito massimo
Il sistema di tassazione era estremamente progressivo (progressivo significa maggiori tasse per i redditi elevati e minori per i redditi bassi), negli anni ’50 e ’60. In aggiunta il salario orario minimo era di 1,24 dollari che, ai prezzi del 2004, significano circa 8 dollari. Una politica economica altamente ‘etica’. Era stata pensata per dare un reddito adeguato per la sopravvivenza dei lavoratori non specializzati e minimizzare il peso per coloro che avevano meno possibilità di pagare le tasse. Ha prodotto vasti benefici per la società. Il tasso di crescita era del 4% annuo negli anni ’50, e del 4,4% negli anni ’60, anche senza il tesoretto della rivoluzione informatica. I salari reali aumentavano per tutti al tasso annuo del 2,5%; il debito dei consumatori, delle aziende e del governo era estremamente basso. La disoccupazione scese, nel 1969, al 3,5%.
Gli effetti di politiche economiche non etiche
Vediamo ora quali sono state le conseguenze delle politiche economiche non etiche, come la ‘Greenomica’ (la politica economica di Greenspan, presidente della FED per 20 anni di seguito). Dal 1981 al 1983 il sistema di tassazione diventò estremamente regressivo (regressivo significa maggiori tasse per i redditi bassi e minori per i redditi elevati), ed è rimasto così fino ad oggi. Oggi la tassazione individuale è del 6,2% su redditi base di 87.900$, associata ad una tassa per servizi sanitari dell’1,45%. In totale le tasse cosiddette per la Sicurezza Sociale sono molto più elevate rispetto agli anni ’50 e ’60. Si può notare come queste enormi tasse pesino sulle spalle dei poveri e del gruppo con reddito medio. La tassa sul reddito massimo (top-bracket) è oggi del 35%, mentre i capital gains (plusvalenze su investimenti) e i dividenti raramente vengono tassati. Il sistema di tassazione regressivo, sarà ancora più regressivo in futuro, poiché diminuiscono a livello federale le entrate fiscali e si alzeranno quelle imposte dai singoli stati per compensare la perdita degli aiuti federali (in Italia passaggio di contributi tra Stato e Regioni).
Che cosa ha da mostrare la Greenomica per il 2004? Un deficit della bilancia commerciale di circa 600 miliardi di dollari? Un budget federale oltre i 400 miliardi di dollari? Un debito federale oltre i 6 trilioni di dollari, comparato a soli 366 miliardi di dollari del 1969? Un livello di debito che è circa il doppio del PIL?Un debito netto in eccesso di 3 miliardi di dollari rispetto ad un avanzo del 1969? Un tasso di disoccupazione del 5,5%. Un reddito netto dell’80% degli americani, circa ¾ del livello di reddito degli anni ’60? E, inoltre un reddito dei Manager che è di diverse centinaia di volte superiore al reddito base da produzione di un lavoratore, comparato alle circa 40 volte degli anni ’60. Dovrebbe essere abbastanza chiaro che i CEO oggi sono proprietari del governo e della politica economica. (Grafico 10.2 pag. 222)
Il livello di caduta del salario minimo orario è incredibile. Nel 1968 il salario orario minimo era di 1,60$. Poiché il costo della vita è aumentato di circa 5 volte, l’equivalente salario orario minimo di oggi dovrebbe essere di 8 dollari, mentre quello attuale è di 5,5$ ora.
Tabella 8.1 pag. 188 – Relazione tra salario minimo e disoccupazione
Ciò significa una diminuzione del salario minimo orario del 36%. Inoltre le tasse per la Social Security nel 1968 erano del 4,4% mentre oggi sono del 6,2%. Quindi il salario annuale netto, a parte le tasse, è diminuito di circa il 40%.
Questo è il lascito della Politica Economica di Greenspan (Greenomica), un effettivo calo del salario minimo di due terzi rispetto agli anni ’60. Ci sono 30 milioni di americani il cui reddito è legato al salario minimo; il resto, circa 80 milioni hanno un reddito indirettamente legato al salario minimo. Il salario reale di questi lavoratori/trici è stato decurtato al di là di ogni immaginazione. Non preoccupa il fatto che i consumatori abbiano debiti fino al collo, risparmino un minuscolo 2% del reddito e, a causa di un indebitamento record, non riescono a generare una domanda sufficiente per dare lavoro a tutti coloro che lo cercano.
Estratto da “Greenspan’s Fraud, Ravi Batra, Palgrave, Macmillan, 2005, p. 243-244
Traduzione: Tarcisio Bonotto
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